A 17 anni dal barbaro omicidio della studentessa inglese Meredith Kercher, Amanda Knox è tornata in Italia, per rispondere dell’accusa di calunnia a Patrick Lumumba davanti alla Corte d’assise d’appello di Firenze.
Il giudice l’ha condannata a tre anni di reclusione, confermando l’accusa. L’allora studentessa a Perugia, dove si consumò il delitto costatole una condanna in primo grado per omicidio nel 2009, si è negata alle domande dei giornalisti. Ha preferito camminare sui tacchetti da ex orsolina e sfoggiare un taiellurino coordinato rosa a scacchetti e carta da zucchero, accompagnata da un avvocato in rigoroso stile metrosexual.
Meredith Kercher era una studentessa inglese di 21 anni, originaria di Southwark, nel Regno Unito, che nel 2007 si trovava in Italia, nell’ambito del progetto Erasmus, presso l’Università di Perugia. Fu trovata morta il 2 novembre con la gola tagliata, nella propria camera da letto dell’appartamento di via della Pergola a Perugia che condivideva con altre tre ragazze, un’americana e due italiane.
Il delitto fu scoperto grazie a una vicina, che consegnò alla polizia due cellulari trovati nel giardino di sua proprietà. Localizzati i cellulari, gli agenti si diressero verso la casa della studentessa inglese, per riconsegnarli alla proprietaria, Meredith Kercher.
Al loro arrivo i poliziotti trovarono all’esterno della casa, seduti su una staccionata, Amanda Knox, coinquilina americana di Meredith, e il suo amico italiano Raffaele Sollecito, con cui aveva iniziato una relazione sei giorni prima.
La versione di Amanda Knox e Raffaele Sollecito
La coppietta sostenne di essere in attesa dell’arrivo dei carabinieri, chiamati da Sollecito, e raccontò di aver trovato il vetro di una finestra rotto e la porta di casa aperta. Durante l’ispezione, arrivarono in via della Pergola anche le altre due coinquiline di Meredith, allertate telefonicamente dalla Knox.
Quando entrarono, gli agenti trovarono chiusa la porta della stanza della studentessa inglese. Dopo averla sfondata, si accorsero che la giovane era stata sgozzata e coperta con un piumone.
I processi e la “fuga” negli Usa
A pochi giorni dall’apertura del caso in tribunale e dopo l’arresto dei due fidanzati, viene chiamato in causa anche Rudy Hermann Guede, contestandogli il reato di violenza sessuale. Vengono tutti e tre accusati di concorso in omicidio e condannati, in primo grado, rispettivamente a 26, 25 e 30 anni di detenzione. In appello, nell’ottobre 2011, Knox e Sollecito vengono assolti e liberati: Amanda rientra la notte stessa della sentenza a Seattle con i suoi genitori. Al termine del processo bis, giungerà l’assoluzione definitiva della Corte Suprema di Cassazione, mentre Guede resterà in carcere con pena ridotta a 16 anni per concorso in omicidio con ignoti.
Nel caso venne inizialmente coinvolto anche Patrick Dija Lumumba, proprietario del locale dove lavorava Amanda: secondo lei, l’uomo si sarebbe trovato nel luogo del delitto la sera dell’omicidio. Le accuse si sono successivamente rivelate infondate e la testimonianza inattendibile. E si arriva alla condanna a tre anni per calunnia pronunciata dal Tribunale di Firenze il 5 giugno 2024.