Il caso Scurati e il suo monologo antifascista letto da Serena Bortone nel suo programma Chesarà, dopo che la Rai aveva stoppato l’intervento dello scrittore, continuano a tenere banco.
Secondo l’amministratore delegato della tv pubblica Roberto Sergio, la conduttrice «doveva essere licenziata» per non aver obbedito a una disposizione aziendale. E lo scrittore era previsto solo «a titolo gratuito». Scurati smentisce.
«Serena Bortone non è stata punita», precisa Sergio. «L’11 di questo mese rappresenterà le sue tesi e valuteremo, ma certamente a nessun dipendente di nessuna azienda sarebbe consentito di dire cose contro l’azienda in cui lavora. Lei questo ha fatto e non è stata sanzionata».
Sulla presunta censura al monologo di Antonio Scurati, l’ad è tranchant: «Credo che alcune persone abbiano una straordinaria capacità di ribaltare la verità e di diventare vittime nello stesso tempo e poi eroi del Paese e del sistema. Ho mandato un whatsapp a Serena Bortone dove la invitavo a mandare in onda il monologo di Scurati».
«Nessuno avrebbe impedito quel monologo. Nella scaletta del programma c’era scritto, inoltre, “ospite a titolo gratuito”. Lui non è venuto perché non veniva pagato. Ne era consapevole Bortone e anche la redazione».
Il mezzo autogol di Scurati
Lo scrittore replica così a Sergio: «Smentisco categoricamente l’affermazione dell’ad Rai secondo la quale io non avrei partecipato al programma di Serena Bortone perché “non venivo pagato”: è semplicemente falsa. Ed è l’ennesima affermazione denigratoria nei miei confronti. A me nessuno ha mai proposto di partecipare gratuitamente. Lo sfido a fornire prova del contrario».
Nel linguaggio musicale, quando si sbaglia una nota si dice “ho preso una stecca”. Antonio Scurati nella sua squillante autodifesa non si accorge di stonare, sia sentendosi denigrato – come se partecipare gratis fosse avvilente – sia perché, se davvero il problema fosse stato il suo cachet, avrebbe potuto proporre lui di leggere il suo monologo senza percepire un compenso. Così, ci dispiace per lui, il tutto odora non poco di “antifascismo a gettone”, vedasi come si definisce in tv la paga per un ospite, ovvero “gettone di presenza”. Senza contare che montare un caso come questo garantisce molta più pubblicità allo scrittore e allo stesso tempo a Serena Bortone.
L’ira funesta del senatore
Il senatore del Pd Francesco Verducci, membro della Commissione di Vigilanza Rai, invoca tuoni e fulmini: «Le frasi dell’ad della Rai Roberto Sergio contro la giornalista Serena Bortone sono semplicemente vergognose. È l’arroganza di un potere che è diventato censura e intimidazione. In realtà è evidente il tentativo di Sergio di coprire la censura contro Scurati. Nessuno ha ancora dato una risposta valida sul perché il contratto di Scurati venne annullato una volta che i vertici vennero a conoscenza dei contenuti del monologo. Ed è chiaro il tentativo di Sergio di preparare il terreno all’epurazione di Serena Bortone, rea di autonomia e pluralismo. Sergio attacca una giornalista che ha agito nell’interesse della credibilità e dell’autonomia del servizio pubblico, prerogative che all’ad evidentemente danno fastidio».
Roberto Sergio ribatte e nega l’esistenza di una cosiddetta TeleMeloni. «Teleopposizioni la chiamerei. L’Osservatorio di Pavia proprio ieri mi ha mandato un’ultima testimonianza e mai come nella mia gestione c’è stato un equilibrio correttissimo». Fabio Fazio e Amadeus? «Tutti sono andati via per propria scelta». La giornalista Lucia Annunziata, uscita dalla tv di Stato in opposizione alla sua presunta linea politica, è stata eletta alle europee per il Pd. «Era chiaro che già all’epoca il suo obiettivo era quello», dichiara Sergio. «Io l’ho accompagnata all’uscita nella maniera più garbata possibile. Aveva una penale da pagare che non ha pagato».