Le elezioni Europee per la prima volta decretano il successo degli influencer, figure che, secondo l’esperto di geopolitica John Ioannou, “rappresentano la ‘post-politica’, in un momento in cui la produzione di contenuti social è una priorità strategica per l’Unione Europea stessa”.
All’Europarlamento siederanno in tre: un francese, delfino di Marine Le Pen, un cipriota e uno spagnolo. Il primo e il più importante è Jordan Bardella, cui si attribuisce il merito di aver rastrellato più consensi per il Rassemblement National di quanto sia riuscito prima della sua ascesa.
Il candidato 28enne ha preso il doppio dei voti della candidata di Renaissance, la coalizione di Macron, Valérie Hayer. In patria lo chiamano «roi du selfie», il re dei selfie, che produce a getto continuo sui suoi social, che vantano più di 1,3 milioni di seguaci tra Twitter, Instagram e Facebook.
Bardella ha un padre di origini italiane, mentre la madre è nata a Torino. Il bisnonno, Mohand Seghir Mada, era algerino della Cabilia. È cresciuto nelle case popolari di Drancy, nelle banlieues parigine.
A inizio anno Bardella era l’unico politico nella lista delle 50 personalità più amate dei francesi, secondo il sondaggio Ifop per Le journal de dimanche. Emmanuel Macron e Marine Le Pen sono invece usciti dalla classifica.
La «sostituzione delle popolazioni»
Jordan Bardella preoccupa persino Marine Le Pen, perché la sua insistenza sul tema dell’immigrazione rischia di scavalcarla a destra. La leader “figlia d’arte” ha messo in soffitta il progetto di “grande sostituzione”, lui lo ha riveduto nel concetto di “sostituzione delle popolazioni”, gradito in vari centri urbani del Paese. Bardella pare aver fatto centro dove Macron ha fallito, facendo approvare una legge contro il separatismo islamico che non lo ha premiato alle urne.
Passiamo a Fidias Panayiotou, influencer con 2,62 milioni di iscritti su YouTube, 237mila follower su Instagram e 166mila su TikTok. È il primo youtuber eletto al Parlamento europeo e diventerà uno dei più giovani europarlamentari eletti in queste elezioni. Il ventitreenne cipriota si è candidato come indipendente e ha raggiunto il 19,26% dei voti, ottenendo il terzo posto nei risultati nazionali – dietro ai conservatori del Disy (24,8%) e ai progressisti dell’Akel (21,8%) – e superando il partito dell’ultradestra Elam (11,14%). A gennaio, quando si è messo in gioco, ha spiegato: «Ho 23 anni e non ho mai votato, una sera mi sono detto che se non voto e non mi metto in gioco, ci saranno sempre gli stessi nerd al potere, e così ho detto “basta!».
La festa è finita
Atterriamo in Spagna per capire chi sia Luis “Alvise” Pérez Fernández, forte di mezzo milione di follower su Telegram e 836mila su Instagram. Ha battezzato il partito che ha fondato “Se acabò la Fiesta”, tradotto “La festa è finita”. Una formazione che ha portato a casa 3 seggi con un totale di 800mila voti, equivalenti al 4,59% dei consensi.
Originario di Siviglia e laureato in Scienze politiche, Pérez ha attaccato sui social media politici e giornalisti, battendo sul suo slogan «eliminare la mafia politica, mediatica e giudiziaria. Senza risorse», sostiene, «e con il totale discredito di tutti i partiti, media e governi, fra insulti, diffamazioni quotidiane, abbiamo ottenuto risultati storici in Europa con un pugno di spagnoli liberi». Propone l’adozione del modello argentino di Javier Milei, l’abolizione della partitocrazia, la «deportazione in massa degli immigrati illegali e l’apertura di carceri per mafiosi, clandestini e politici corrotti. La Spagna è diventata la fiesta dei criminali, dei corrotti, dei mercenari pedofili e stupratori». Il programma politico di Pérez, un film qualunquista già visto e stravisto, si condensa nel suo motto: «A por ellos!» (“diamogli addosso”).