Il Ddl Calderoli sull’autonomia differenziata non riscontra l’approvazione della Commissione Ue. In un documento, scrive che “la devolution di ulteriori competenze alle regioni italiane comporta rischi per la coesione e le finanze pubbliche del Paese”.
Bruxelles si richiama ai LEP (i livelli essenziali delle prestazioni e dei servizi che devono essere garantiti in modo uniforme sull’intero territorio nazionale), “poiché garantiscono solo livelli minimi di servizi e non riguardano tutti i settori, con rischi di aumento delle diseguaglianze regionali”.
Le opposizioni colgono la palla al balzo, ricordando che sui LEP fondano gran parte delle contestazioni e rendendo noto che si starebbero organizzando per un referendum abrogativo di quella che hanno da tempo bollato come la riforma “spacca-Italia”.
Per sostenere l’iniziativa, Matteo Renzi si affida al lessico tennistico: «Se si prendono 500.000 firme entro il 30 settembre, nel 2025 si va a votare. Se scatta il quorum, il governo va a casa. Ma anche se non scatta il quorum l’esecutivo offre il primo break point alle opposizioni».
Il referendum potrebbe anche essere proposto da cinque consigli regionali: il centrosinistra governa in altrettanti. Al sud inoltre la riforma non è vista di buon occhio anche da esponenti di centrodestra. Secondo il governatore dell’Emilia-Romagna Stefano Bonaccini, quota Pd, autonomia e premierato «creeranno crepe anche nella maggioranza».
Le crepe nella Lega
In Calabria, il presidente leghista del consiglio regionale Filippo Mancuso parla di «pasticciaccio». Il Carroccio è costretto a precisare in una nota che “l’autonomia regionale rappresenta una straordinaria opportunità e non un problema”. I deputati calabresi di Forza Italia non l’hanno votata e per il presidente della regione Roberto Occhiuto l’autonomia differenziata rischia di diventare un «boomerang elettorale» per la coalizione.
Antonio Tajani fischia la fine del primo tempo. «L’autonomia differenziata va nella giusta direzione. Ci sono legittime preoccupazioni nel sud del Paese che però saranno fugate dall’applicazione degli ordini del giorno proprio a garanzia del meridione, presentati da Forza Italia e approvati a grande maggioranza. Impegnano il governo ad accendere sempre i riflettori sulle realtà meridionali».
«Liberarsi dalla teoria della questione meridionale»
Interviene il ministro per la Protezione civile Nello Musumeci, che prova a sedare gli animi: «Noi abbiamo bisogno di competere con il nord, sapendo che i nostri obiettivi sono diversi da quelli delle regioni settentrionali. Ma per fare questo dobbiamo liberarci dalla teoria della questione meridionale».
«Il provvedimento adottato mette le classi dirigenti, tanto al nord quanto al sud, di fronte alle proprie responsabilità. Io ho votato il provvedimento al Senato e non avrei mai votato un provvedimento che potesse pregiudicare l’unità d’Italia».