“Nel carcere di Bari fu tortura di Stato”: questa la sentenza che condanna nove agenti della polizia penitenziaria per tortura di Stato nei confronti di un detenuto 43enne con problemi psichici. Ma non vi fate schifo neanche un po’?
Aggredirono e picchiarono violentemente un detenuto 43enne con problemi psichici nel carcere di Bari. Sono stati condannati in primo grado 9 agenti della polizia penitenziaria accusati di tortura di Stato, abuso d’ufficio, rifiuto di atti d’ufficio, violenza privata e falso ideologico.
Secondo quanto riportato nelle motivazioni della sentenza che lo scorso 20 marzo ha visto condannati i poliziotti, l’uomo era in una posizione di “netta inferiorità” rispetto ai suoi carnefici.
Oltre ai nove agenti sono stati condannati anche due infermieri che dovranno corrispondere un risarcimento di 80 euro per omessa denuncia: i due, infatti, avrebbero assistito al pestaggio e non avrebbero detto nulla alle autorità.
I poliziotti Giacomo Delia, Raffaele Finestrone, Giovanni Spinelli, Antonio Rosati, Francesco Ventafridda, Vito Sante Orlando, Michele De Lido, Leonardo Ginefra e Francesco Valenziano sono stati condannati in primo grado rispettivamente a 5 anni di reclusione, 4 anni e 6 mesi, 3 anni e 6 mesi, 3 anni e 5 mesi, 3 anni e 4 mesi, 13 mesi, 11 mesi e 6 mesi.
Ma come si fa?
Stando a quanto riporta La Repubblica, i magistrati hanno sottolineato che contro il detenuto è stata usata la forza “senza ragione”, in quanto non vi era un quel momento un contesto di allarme o pericolo.
L’uomo sarebbe stato preso a calci e pugni mentre era immobilizzato da altri agenti che lo stavano spingendo a terra con la pressione delle scarpe sulla testa e sull’addome.
L’atto scatenante
Stando a quanto ricostruito, il detenuto con problemi psichici aveva appiccato il fuoco dentro la propria cella, causando l’evacuazione dell’intero primo piano del carcere. L’episodio, secondo quanto si legge anche nelle motivazioni della sentenza, non poteva giustificare la spedizione punitiva compiuta nei confronti degli agenti condannati.
“Ci si attendeva capacità di autocontrollo – scrivono i giudici – e rispetto delle norme dell’ordinamento penitenziario, nonché la consapevolezza di dover operare per la cura delle persone nella custodia dello Stato”. Gli avvocati difensori dei poliziotti potranno chiedere il giudizio d’appello.