Una sporca faccenda, quella dei presunti rapporti tra Sarkozy e Gheddafi. Fiumi di denaro libico che avrebbero finanziato la campagna elettorale dell’ex presidente francese nel 2007. Ora il fango rischia di imbrattare anche i vestiti haute couture della moglie Carla Bruni.
L’ex première dame dell’Eliseo, ribatte l’Ansa, sarebbe sospettata di sfruttamento di corruzione di testimone e partecipazione ad associazione per delinquere allo scopo di truffa alla giustizia.
Il presunto dolo sarebbe stato concorrere alla persuasione del faccendiere Ziad Takieddine, principale accusatore del marito. Protagonista di un improvviso e sconcertante voltafaccia nel novembre 2020. Davanti alle telecamere, dichiarò che Sarkò non aveva «preso un centesimo, cash o non cash, per le elezioni presidenziali» del 2007 da parte dell’allora leader libico Muammar Gheddafi. Poche settimane più tardi, cambiò di nuovo versione, smentendo la ritrattazione.
I magistrati d’Oltralpe hanno indagato su quella che hanno definito una strategia di comunicazione occulta per sdoganare il presunto ruolo dell’ex presidente e confutare l’accusa di tramare con Gheddafi per la sua elezione.
I giudici hanno battezzato l’operazione “Sauver Sarko“, salvare Sarko, nome in codice che nel 2020 indicava l’organizzazione volta a minimizzare le sue responsabilità riguardo al finanziamento libico, motivo per cui dovrà comparire in tribunale dal gennaio 2025. Obiettivo numero uno, era ottenere da Ziad Takieddine, principale accusatore di Sarkò, una ritrattazione delle accuse. Prima sui media, con un’intervista a Paris Match e una dichiarazione a BFM TV, poi da un notaio incaricato di recapitare un documento ufficiale alla giustizia francese.
Misure di vigilanza
I giudici hanno disposto per Carla Bruni misure di vigilanza, come il divieto di entrare in contatto con tutti i protagonisti della vicenda, a eccezione del marito. L’ex première dame è anche stata posta sotto lo statuto di testimone informato per il reato di associazione per delinquere, allo scopo di corrompere personale giudiziario di un altro stato, in Libano.
Tra le accuse, ci sarebbe un sostanzioso “obolo” a Ziad Takieddine per ritrattare la sua testimonianza, pare 600mila euro. Dalle indagini sarebbe emerso il ruolo centrale nell’organizzazione di Mimi Marchand, molto amica di Carla Bruni, con il sospetto che anche lei abbia collaborato all’operazione “salvare Sarko”.
“Volontà di dissimulare”
Gli inquirenti avrebbero “torchiato” Mimi Marchand per conoscere i motivi delle sue numerose visite a casa Sarkozy all’epoca dei fatti: lei si è difesa sostenendo che la ragione era soltanto andare a trovare la sua amica Carla.
Ma i magistrati avrebbero ravvisato in Carla Bruni una “volontà di dissimulare” questi contatti, avendo cancellato dalla memoria del suo cellulare tutti i messaggi con Marchand il 5 giugno 2021, stesso giorno in cui a Madame Mimi è stata informata del suo coinvolgimento nell’inchiesta. Bruni, in conclusione, sarebbe sospettata di aver svolto un ruolo di tramite fra diversi protagonisti dei fatti contestati.