Nel 2006, anno della strage di Erba, in Italia si contavano 1.237 ergastolani; oggi, 1.784. Tra loro Olindo Romano e Rosa Bazzi, riconosciuti colpevoli dell’assassinio di quattro persone e un bambino di due anni. La Corte d’Appello di Brescia ha respinto l’istanza di revisione della coppia. Confermato il “fine pena mai”.
Ci sono volute tre udienze e cinque ore di camera di consiglio per dichiarare l’istanza «inammissibile». Respinta anche l’istanza presentata dal sostituto pg di Milano Cuno Tarfusser, che per questa sua iniziativa è anche stato sanzionato dal Csm.
Il suo commento fa riflettere: «Non mi riconosco più in una magistratura cui ho dedicato 40 anni della mia vita, che ha perso il metodo del dubbio. Che cosa costava assumere delle prove e decidere?».
La strage di Erba è uno dei fatti di cronaca nera più accompagnati ed esaltati dal clamore mediatico. Per l’efferatezza e per il profilo psicologico della coppia: Olindo glaciale, anche alla lettura dell’ultima sentenza; Rosa impulsiva, in aula alterna rabbia e pianto.
Lei in carcere si è innamorata di un altro ergastolano, Marco Alberti, che nel 2020, uscito in permesso, è stato travolto da un’auto. Testimoni hanno raccontato al Settimanale Giallo che si sarebbe sentito Rosa urlare, dalla sua cella: «Cosa farò senza di lui? Aiutatemi».
Azouz Marzouk continua a difenderli
Rosa Bazzi è rientrata nel carcere di Bollate, dove le è stato concesso un lavoro esterno in un’azienda di pulizie. Olindo Romano è tornato nel penitenziario di Opera. Il loro avvocato Fabio Schembri annuncia: «Siamo delusi e faremo ricorso in Cassazione».
Azouz Marzouk, che nella strage perse la moglie, Raffaella Castagna, il figlio Youssef, di due anni, e la suocera Paola Galli, si è costituito parte civile e da tempo sostiene l’innocenza dei coniugi. «Io resto convinto che non siano stati loro. Finché non verranno riaperte davvero le indagini resto della mia idea».
«Gente senza scrupoli né morale»
Il procuratore generale di Brescia Guido Rispoli e l’avvocato generale Domenico Chiaro si dichiarano «soddisfatti, perché sono state accolte le nostre richieste. Gli atti giudiziari bisogna studiarli dalla A alla Z e saperli leggere e tanti che hanno commentato questa vicenda non lo hanno fatto. Si era diffusa la vulgata secondo cui tutte le sentenze si basavano solo su tre indizi invece, fin dall’inizio, vi era una piattaforma indiziaria che conduceva a Olindo Romano e Rosa Bazzi».
I Castagna, Giuseppe e il fratello Pietro, chiedono di tornare a una «vita normale». Pietro riposta un video con le immagini della sua famiglia: «La verità è stata ribadita per l’ennesima volta. Gente senza scrupoli né morale guardi questo video e ci chieda scusa. Chiedete scusa al piccolo Fefè, a Raffaella, a nostra madre Paola, alla signora Valeria, al signor Mario, a Elena e Andrea, a nostro padre, a Beppe e a me. A tutti noi».