Home CRONACA Terremoto all’Aquila, tutti assolti, condannati i parenti delle vittime. Non è uno...

Terremoto all’Aquila, tutti assolti, condannati i parenti delle vittime. Non è uno scherzo, è l’Italia della malagiustizia

L'Aquila, 2009. Due parenti delle vittime davanti alle macerie dopo il terremoto. Fonte: Ipa - Dillingernews.it

La notizia che si legge sulle colonne del quotidiano abruzzese Il Centro lascia increduli. Le famiglie di sette studenti morti nel terremoto all’Aquila del 6 aprile 2009 non meritano alcun risarcimento, anzi dovranno sborsare 14mila euro per pagare le spese legali.

La Corte d’Appello del capoluogo sventrato dal sisma conferma la sentenza di primo grado del 2022 e scagiona ancora la presidenza del Consiglio dei ministri da qualunque responsabilità. Presieduta, in quel momento, da Silvio Berlusconi.

I giudici attribuiscono la responsabilità alle decisioni dei ragazzi. Assolvendo in toto la Commissione Grandi Rischi che si era riunita all’Aquila il 31 marzo del 2009, cinque giorni prima del terremoto, diffondendo messaggi rassicuranti.

Il Tribunale dell’Aquila aveva in un primo tempo condannato a sei anni i sette scienziati che avevano partecipato alla riunione, per poi assolverli in appello ad eccezione di Bernardo De Bernardinis, l’allora vicecapo della Protezione civile, condannato a due anni con conferma della Cassazione.

De Bernardinis, presiedendo la riunione nelle veci dell’allora capo della Protezione civile nazionale Guido Bertolaso, risulterebbe aver diramato dopo la riunione messaggi incoraggianti, che avrebbero suggerito agli aquilani a non prendere misure prudenziali tra cui quella di uscire di casa dopo una scossa.

Il “nesso causale”

Ma i giudici di secondo grado non ravvedono prove certe delle rassicurazioni in relazione alla condotta dei giovani: mancherebbe il “nesso causale” per attribuire responsabilità di natura civile. Scrivono i magistrati, a proposito di Nicola Bianchi, con il padre Sergio che da anni chiede giustizia: “Ad analoga conclusione deve pervenirsi quanto a Nicola Bianchi in quanto, al di là del fatto che non v’è prova della fonte della conoscenza della riunione del 31 marzo e della motivazione della rassicurazione tratta – sicché non v’è alcun elemento che la colleghi proprio alle dichiarazioni del De Bernardinis – gli stessi appellanti non contestano che, stando alle sommarie informazioni testimoniali dei genitori, il ragazzo decise di restare all’Aquila poiché aveva un esame il giorno 8 aprile e la notte del sisma, dopo la scossa delle ore 22.48, uscì in strada, circostanze che contrastano con la tesi che egli avesse così agito sentendosi tranquillizzato sulla base delle dichiarazioni del De Bernardinis e ormai non ritenendo più pericolose le scosse”. Sanno confondere molto bene le acque, a volte, i giudici, adottando in modo radicale il loro linguaggio capzioso e bizantino.

I magistrati rincarano la dose di periodi arzigogolati e astrusi: “In linea generale, il compendio probatorio acquisito (convocazione della riunione, verbali della stessa, deposizioni testimoniali), al di là del convincimento del capo del Dipartimento di Protezione civile emerso nel corso della conversazione casualmente intercettata tra lo stesso (Bertolaso) e l’assessore regionale (Stati) ha smentito o, comunque, non ha dato conferma della tesi che gli esperti partecipanti alla riunione del 31 marzo – a esclusione del De Bernardinis, vice di Bertolaso, il quale, peraltro, alla stessa non diede alcun contributo scientifico – avessero, a priori, l’obiettivo di tranquillizzare la popolazione e, quindi, di contraddire o minimizzare quanto desumibile dai dati oggetto della loro valutazione scientifica. Tesi che le parti appellanti ripropongono in termini meramente assertivi senza misurarsi con le risultanze istruttorie“.

L’Aquila, 2012. Processo alla Commissione Grandi Rischi per il terremoto – Fonte: Ipa – Dillingernews.it

La parola alla Cassazione

In sede penale, l’ingegner Fabrizio Cimino, accusato di omicidio colposo plurimo per una condotta omissiva in relazione ai restauri e, in particolare, per non aver notato palesi criticità dello stabile, edificato nel 1961, era stato assolto in via definitiva dalla Corte d’appello di Perugia.

Nel civile, in primo grado, il giudice Monica Croci aveva riconosciuto addirittura il cento per cento di colpa a Nicola Bianchi: avrebbe saputo di vivere in un edificio poco sicuro e sarebbe comunque rimasto in casa per poter sostenere all’indomani l’esame. La battaglia legale si sposta ora in Cassazione. 

Articolo precedente“Scuola Unrwa colpita in raid Israele a Gaza. Almeno 15 morti e 80 feriti”: basta prendersela con bambini innocenti
Articolo successivoTrump vicino alla presidenza, nomina il suo vice: è Vance