Nell’articolo intitolato “I giornalisti anti-Meloni dietro il report europeo”, Domenico Di Sanzo affida a Il giornale, diretto da Domenico Sallusti, il compito di scagliarsi contro “sei cronisti di La Repubblica, La Stampa, Il Fatto quotidiano e Domani, rei di aver “dipinto l’Italia come un Paese autoritario”, collaborando al report europeo sulla libertà di stampa del Media Freedom Rapid Response. Già Giorgia Meloni si era espressa su di loro marchiandoli come “stakeholder”. Dietro ovviamente ci sono scosse telluriche di natura economica. Il giornale è di proprietà degli Angelucci, in trattativa per comprare l’Agi e nel mirino del report. La risposta del Comitato di redazione di La Stampa.
Questa mattina (ieri per chi legge, ndr), su Il Giornale, è comparso un articolo che ha, per noi Cdr di La Stampa, dell’incredibile. Prendendo spunto dall’ultimo report sulla libertà di stampa del Media Freedom Rapid Response, un giornalista del detto quotidiano ha pensato bene di attaccare pubblicamente il nostro collega Ilario Lombardo infilandolo in una lista di proscrizione denunciata come tale fin dal titolo: “I giornalisti anti-Meloni dietro il report europeo”.
L’operazione è vergognosa quanto sbilenca. L’idea sottintesa, ricavata attraverso allusioni e non detti, è che il quadro emerso dal rapporto dipenderebbe da alcuni giornalisti, sei quelli citati, con particolare evidenza per il nostro Ilario, “reo” secondo Il Giornale di aver avuto “alcuni battibecchi” con la premier durante conferenze e punti stampa. Perché questo attacco? E perché proprio Ilario?
Partiamo col dire che Il Giornale è il quotidiano della famiglia Angelucci, direttamente tirata in ballo dal report che individua tre criticità rispetto alla libertà di stampa in Italia: il caso Rai, il caso querele temerarie e il caso Agi, l’agenzia oggetto di trattativa da parte proprio di Angelucci, editore e parlamentare della maggioranza. Ilario è il giornalista che per noi ha seguito tutta la vicenda. Il secondo punto è che il giornalista di Il Giornale cita sei colleghi a fronte di una lista di stakeholders, in chiaro nel report, di 36 persone tra attori istituzionali, esponenti della società civile e giornalisti.
Tra gli stakeholders erano invitati anche giornalisti di testate vicine al centrodestra ed esponenti della maggioranza, che però si sono rifiutati di partecipare al report. La denuncia di faziosità a posteriori è a dir poco sfacciata. Terzo: sembra quasi banale dirlo visto che fa parte dell’Abc di questo mestiere, ma il giornalista di Il Giornale non cita mai quale sarebbe stato il contributo di Ilario al report. Non lo conosce. Allude solo alla sua appartenenza alla testata e scambia per battibecchi quelle che sono semplici domande, un giornalista dovrebbe conoscere la differenza, a cui la premier ha risposto sollevando polemiche.
La libertà di stampa in Italia zoppica
Infine, ed è cosa che ci preoccupa parecchio, l’articolo è uscito nella notte in cui la premier Giorgia Meloni, dalla Cina, ha attaccato un altro report, quello della Commissione europea, molto critico nei confronti della libertà di stampa in Italia. E lo ha fatto utilizzando le stesse argomentazioni che s’intravvedono nel trafiletto di Il Giornale: anche il report della Commissione sarebbe influenzato da giornalisti ostili al governo.
Se Il Giornale voleva corroborare i risultati del report del Media Freedom Rapid Response e dimostrare che la libertà di stampa in Italia zoppica, possiamo dire che ci è riuscito in pieno. Nell’esprimere la nostra vicinanza e solidarietà a Ilario e agli altri giornalisti citati, invitiamo gli organi preposti della nostra categoria a valutare la correttezza dell’operato del giornalista di Il Giornale.
L’articolo di Domenico Di Sanzo per Il Giornale
Nuovo giro, altro report. Stavolta a bacchettare l’Italia sotto il profilo della libertà di informazione è un documento firmato dal consorzio Media Freedom Rapid Response, cofinanziato dall’Unione Europea. Con la partnership, tra gli altri, della Federazione Europea dei giornalisti (Efj). La stessa organizzazione guidata da quel Ricardo Gutierrez che, dopo la pubblicazione del rapporto europeo sullo Stato di diritto, aveva gridato alla deriva illiberale dell’Italia, chiedendo a Bruxelles di avviare una procedura di infrazione contro Roma. Nella «missione» del consorzio europeo, realizzata tra il 16 e il 17 maggio scorsi, si ripercorrono gli stessi rilievi del recente rapporto Ue. Dalle querele temerarie ai presunti tentativi di «censurare» la Rai. Solo che stavolta c’è di più. Alla stesura dell’atto di accusa di 26 pagine hanno collaborato, in qualità di stakeholders, alcuni giornalisti italiani. E fin qui nulla di troppo di strano. Se non fosse che tra i cronisti che hanno partecipato al lavoro che dipinge una svolta autoritaria del governo italiano nel rapporto con i media, ci sono una serie di firme note per l’ostilità contro l’esecutivo di Giorgia Meloni.
Anti-Meloniani
Giornalisti che lavorano per testate vicine all’opposizione come La Repubblica, La Stampa, Radio Popolare, Il Fatto Quotidiano, Domani di Carlo De Benedetti. Ma, tornando ai giornalisti, spicca Ilario Lombardo di La Stampa, protagonista di più di un battibecco con Meloni durante conferenze stampa e punti stampa della premier con i cronisti al suo seguito. Lo stesso quotidiano torinese del Gruppo Gedi che prontamente ha pubblicato un articolo in cui si dà conto del report europeo. «Il rapporto di Media Freedom: con il governo Meloni la libertà di stampa è a rischio», il titolo del pezzo pubblicato ieri sulla versione online di La Stampa. Ma fanno di più La Repubblica e Il Fatto Quotidiano. I due giornali, infatti, affidano il resoconto sul rapporto che parla di libertà di stampa a rischio agli stessi giornalisti che hanno collaborato al lavoro di Media Freedom Rapid Response. «Il report europeo sulla libertà di stampa boccia ancora l’Italia», il titolo del sito di La Repubblica. A curare il pezzo è Matteo Pucciarelli. Nome che appare anche in calce al report in qualità di stakeholder. Identica operazione fa Il Fatto. Martina Castigliani scrive l’articolo sul documento anti-Meloni e compare anche tra chi ha collaborato al report-denuncia. Uguale Domani. Francesca De Benedetti si occupa per il suo giornale della missione del Media Freedom Rapid Response e figura tra i giornalisti coinvolti nell’iniziativa. Cognome evocativo, il suo, ma nulla più. A completare il quadro Anna Bredice di Radio Popolare e Nello Trocchia, inviato di Domani. Casa e bottega.