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A Riina jr piace sfidare lo Stato: “Buongiorno da via Scorsone”. Ma la strada ora è intitolata a un giudice vittima della mafia

Dal 2018 il vicolo è dedicato al giudice Cesare Terranova, una delle tante vittime dei boss corleonesi. Ma alla mafia non importa

«Buon Ferragosto a tutti voi da: Via Scorsone 34, 90034 Corleone, Italia». Occhiali veloci a specchio, cappellino sportivo e sorriso sornione. Così, Salvo Riina, il figlio minore del boss mafioso Totò Riina, nel giorno di Ferragosto ha lanciato la sfida allo Stato con un post sui social.

Via Scorsone infatti è la strada di Corleone (Palermo) in cui abita la famiglia Riina da molti anni, ma dal 2018 le allora commissarie straordinarie del Comune decisero di cambiare il nome della via, destinandola al giudice Cesare Terranova, una delle tante vittime dei boss sanguinari corleonesi. Ma questo a Riina jr pare non interessare.

Terranova venne ucciso il 25 settembre del 1979 insieme al suo collaboratore, il maresciallo Lenin Mancuso. La ex Commissione straordinaria del Comune, composta da Giovanna Termini, Rosanna Mallemi e Maria Cacciola, che per più di due anni ha guidato il Comune sciolto per mafia decise di cambiare il nome alla strada per dare un segnale di presenza dello Stato. Che, però, a distanza di sei anni, il figlio del boss sembra non volere accettare.

Prima lo Stato, poi la Chiesa

«La commissione straordinaria, nell’imminenza della conclusione dell’incarico, desidera inaugurare nella giornata di sabato 17 novembre alle 10 l’Asilo nido comunale di via Punzonotto. Nella stessa giornata, la commissione procederà alla nuova intitolazione, condivisa ed autorizzata dal Prefetto di Palermo Antonella De Miro, della via Scorsone in via Cesare Terranova, dedicando questa strada al magistrato che per primo seppe individuare la forte caratura criminale dei boss corleonesi», era stato l’annuncio delle commissarie straordinarie. Già alcuni mesi prima le commissarie prefettizie avevano dimostrato di non avere alcun timore reverenziale per i Riina.

Tanto è vero che mandarono i messi comunali a casa di Ninetta Bagarella, vedova del boss mafioso, per notificare una ingiunzione di pagamento della tassa sui rifiuti. La moglie del capo dei capi, morto nel novembre del 2017, non aprì neanche il portone di casa. Qualche settimana dopo, minacciata di pignoramento, chiese di rateizzare il pagamento. Dopo lo Stato toccò alla Chiesa lanciare un messaggio: l’arcivescovo di Monreale, monsignor Michele Pennisi, ordinò che le processioni non dovevano più passare sotto casa dei Riina.

Dopo il carcere

Salvo Riina, il figlio del capo dei capi che porta lo stesso nome di suo padre, era tornato a Corleone, il comune di poco più di 10 mila abitanti nella provincia di Palermo noto proprio per aver dato i natali al boss di Cosa Nostra, nella primavera del 2023. Il terzogenito di Totò Riina, 47 anni, ha scontato una condanna a 8 anni e 10 mesi per associazione mafiosa, riciclaggio ed estorsione ed è stato ammesso al regime di affidamento ai servizi sociali.

Dopo la scarcerazione è stato tra il Veneto e l’Abruzzo; è stato ammesso al regime di affidamento ai servizi sociali, e ha svolto un percorso di reinserimento sociale con l’Associazione famiglie contro la droga, terminando gli studi e laureandosi. Salvo Riina mancava da Corleone proprio dalla morte del padre nel 2017. In quell’occasione aveva ottenuto l’autorizzazione del giudice per rientrare nel suo paese per fare da padrino al figlio della più piccola delle sue sorelle. Nel frattempo ha anche scritto un libro: ‘Riina family life’, tradotto anche in inglese, in cui racconta la sua vita e quella della sua famiglia.

La strage di Capaci

Tra gli aneddoti raccontati spicca quello sulla strage di Capaci: «La tv era accesa su Rai1, e il telegiornale in edizione straordinaria già andava avanti da un’ora. Non facemmo domande, ma ci limitammo a guardare nello schermo. Il viso di Giovanni Falcone veniva riproposto ogni minuto, alternato alle immagini rivoltanti di un’autostrada aperta in due… Un cratere fumante, pieno di rottami e di poliziotti indaffarati nelle ricerche… Pure mio padre Totò era a casa. Stava seduto nella sua poltrona davanti al televisore. Anche lui in silenzio. Non diceva una parola, ma non era agitato o particolarmente incuriosito da quelle immagini. Sul volto qualche ruga, appena accigliato, ascoltava pensando ad altro».

Era stato proprio Riina a decidere quella strage, per eliminare il magistrato che aveva portato alla sbarra Cosa nostra fino a infliggere l’ergastolo a Riina e compari.

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Un ragazzaccio appassionato di sport, cultura e tutto ciò che è assorbibile. Stanco della notizia passiva classica dei giornali e intollerante all'ipocrisia e al perbenismo di cui questo paese trabocca. Amante della libertà e diritto della parola, che sta venendo stuprata da coloro che la lingua nemmeno conoscono. Contrario alla censura e alla violenza, fatta qualche piccola eccezione. Ossessionato dall'informazione per paura di essere fregato, affamato di successo perché solo i vincitori scriveranno la storia.