Sulle colonne del suo Il Giornale, Alessandro Sallusti scrive un editoriale intitolato “Vogliono indagare Arianna Meloni”. Il direttore si richiama al magistrato Luca Palamara: “Servono una procura orientata, un paio di giornalisti complici e un gruppo politico che faccia da sponda”. Un trio “più potente di qualsiasi governo, più di qualsiasi Parlamento”. Sallusti è convinto operi per “preparare il terreno per portare la magistratura a indagareArianna Meloni”. La sorella Giorgia appoggia l’ipotesi e reagisce con estrema durezza.
«Purtroppo, reputo molto verosimile quanto scritto oggi da Sallusti. D’altronde è uno schema visto e rivisto contro Silvio Berlusconi. Hanno setacciato la vita mia e di ogni persona a me vicina senza trovare nulla per attaccarci». Con l’Ansa, Giorgia Meloni attacca frontalmente il presunto complotto: «Contro Arianna mosse squallide e disperate. Se fosse vero dimostrerebbe solo che stiamo smontando un sistema che tiene in ostaggio il paese».
«Un sistema di potere che usa ogni metodo e sotterfugio pur di sconfiggere un nemico politico che vince nelle urne la competizione democratica. Se fosse vero che ora sono passati alla macchina del fango e alla costruzione a tavolino di teoremi per sperare in qualche inchiesta fantasiosa contro le persone a me più vicine, a partire da mia sorella Arianna, sarebbe gravissimo».
Si mobilita la maggioranza: per la vicecapogruppo alla Camera Augusta Montaruli, «usare la magistratura come un grimaldello è meschino, vile e caratteristico delle peggiori dittature». Il sottosegretario alla Giustizia Andrea Delmastro Delle Vedove parla «di livore, rabbia e odio. Si è passato il segno associando la parolina magica “influenza” a Arianna Meloni e quindi accusandola indirettamente di un reato: il traffico di influenze».
Il vicepresidente della Camera Fabio Rampelli denuncia un «metodo mafioso. Arianna siamo tutti noi. Dovete ammazzarci tutti». Anche la Lega si schiera con il vicesegretario del Carroccio Andrea Crippa che descrive uno «scenario preoccupante perché verosimile».
Il caso Paita
Ad accendere la miccia sarebbe stata la senatrice di Italia Viva Raffaella Paita, che su X ha twittato: “Arianna Meloni era sui giornali per l’influenza sulle nomine in Rai, oggi per FS. Non potrebbero farla direttamente ministra dell’attuazione del programma? Parentocrazia”.
Iv chiede spiegazioni al governo su come si stia muovendo per le nomine di Trenitalia e se sia vero il coinvolgimento della sorella della premier. Fratelli d’Italia reagisce a pugni chiusi, accusando la senatrice di essere pilotata dall’alto.
«Strumenti arrendevoli del maschio padrone»
Se ne fa carico Domenica Spinelli, tagliente ai limiti della diffamazione: «Patetica Paita che si presta, sotto dettatura del padre padrone Renzi, a muovere accuse infondate ad Arianna, colpevole solo di essere una donna libera. Le parlamentari alla Paita, strumenti arrendevoli del maschio padrone che si nasconde alle loro spalle, fanno regredire di decenni le lotte per l’emancipazione femminile».
Raffaella Paita rincara la dose twittando: “Sottoposta, cane di Renzi, subalterna … questi sono solo alcuni degli epiteti che mi hanno rivolto da FDI con metodi a dir poco squadristi. Devono essere nervosetti da quelle parti, evidentemente abbiamo schiacciato il tasto ‘giusto’. Ma stessero tranquilli: non mi lascerò certo intimidire dalle loro parole aggressive”.