Paolo Bertolucci, ex stella del tennis azzurro interviene sulla questione Sinner, sul crollo di Alcaraz e Djokovic e su come si prospettano questi UsOpen.
Sulle pagine della Gazzetta dello Sport comincia dicendo che “districarsi tra le pieghe di uno Slam richiede doti riservate a pochi. Alcuni inciampano in sorteggi complicati, altri invece faticano oltremodo anche in partite alla loro portata. Dei 128 giocatori che si presentano al via, solo pochi eletti marciano spediti sin dalle prime battute. Per questo trovo inutile giudicare i tabelloni alla vigilia delle gare”.
“C’è troppa imprevedibilità, senza contare che gli Us Open arrivano verso la fine di una stagione fitta, che quest’anno includeva anche l’Olimpiade. New York è lo Slam dove entra in gioco più che mai la stanchezza fisica e mentale dei giocatori. In molti si erano stracciati le vesti osservando quel che avrebbe potuto essere il cammino di Jannik Sinner: imprecavano contro la dea bendata che aveva osato sfavorire il loro idolo e invece facilitato il percorso dei diretti avversari per la vittoria finale. Ma non bisogna sentenziare senza comprendere o parlare e scrivere senza padroneggiare le basi della materia: questo porta solo a tifare ciecamente, ma non a gioire per il proprio beniamino”. E qui Bertolucci tira una stoccatina molto poco velata ai cosiddetti “tifosi da bar”.
Ma da Sinner per questi UsOpen cosa dobbiamo aspettarci? “C’è una costante crescita dopo le prime claudicanti fasi, ma la strada verso il top deve essere ancora rifinita. Dovrà farlo in fretta, perché la gara prosegue e ogni turno presenta nuovi e più complicati ostacoli da superare. L’australiano Christopher O’Connell e lo statunitense Paul, che potrebbe incontrare agli ottavi, costringeranno Sinner a crescere d’intensità e a trovare le soluzioni più congeniali. E non dimentichiamoci che dalla sua parte di tabellone c’è anche Daniil Medvedev”.