Col contagocce, si apprendono stralci della confessione di Moussa Sangare che, se possibile, aggravano la posizione del giovane aspirante rapper e la sua nottata a Terno d’Isola per cercare qualcuno da ammazzare, destino infame toccato infine a Sharon Verzeni. «Ho visto questa ragazza che camminava guardando le stelle e ascoltando la musica e dentro di me ho sentito un “feeling”», delira Moussa.
Prima di pugnalare quattro volte la barista 33enne, Moussa aveva minacciato due ragazzini, uno con la maglietta del Manchester, che i carabinieri cercano ancora per ascoltarne la testimonianza.
Prima di aggredirla a morte, Sangare ha afferrato una spalla di Sharon dicendole: «Scusa per quello che sta per succedere». Poi racconta di averla accoltellata alla schiena verso il petto, ma che la lama sarebbe «rimbalzata», forse su una costola.
A quel punto le ha inferto altri tre fendenti, decisivi, mentre la ragazza riusciva solo a sussurrare: «Perché, perché, perché…».
Il marito di Sharon, Sergio Ruocco (il padre della barista ha reso noto che si erano sposati con unione civile e preparavano le nozze religiose per il 2025), ha sofferto le pene dell’inferno per un mese. Svegliato nel cuore della notte dai Carabinieri poche ore dopo il delitto, gli è stato chiesto di spogliarsi per verificare se avesse ferite sul corpo.
«Non più di tanto»
Poi gli interrogatori, le telecamere costantemente puntate addosso, i due sopralluoghi nell’appartamento di Terno d’Isola, sballottato sulle auto dei carabinieri in borghese e poi fatto vestire come un uomo della Scientifica sul luogo del delitto.
A Bottanuco, davanti alla villetta della famiglia Verzeni che gli ha offerto rifugio fin dal primo momento, i giornalisti gli chiedono quanto sia pesata la pressione sulla sua persona: «Direi non più di tanto, dai…», risponde. Poi legge il suo breve messaggio a commento della soluzione del caso: «Dopo un mese di incertezza, la notizia mi ha dato un po’ di sollievo perché cancella tutte le insinuazioni dette su di noi. Nessuno mi ridarà Sharon, ma manterrò sempre vivo il suo ricordo e so che mi aiuterà a proseguire la mia vita».
«Non l’avrei lasciata uscire a mezzanotte»
Idraulico alla ditta Fiorendi, a Seriate, Ruocco non ha mai saltato un giorno. Quando non si è presentato la mattina dopo il delitto, il titolare si è preoccupato a tal punto da andarlo a cercare al pronto soccorso. Ogni mattina si sveglia alle 6 e verso le 22 era crollato. Non si accorto che Sharon è uscita a camminare a mezzanotte: «Altrimenti non l’avrei lasciata».
Delle sue ore in caserma come “persona informata dei fatti”, ma mai indiziato, Ruocco ha raccontato: «Continuavano a chiedermi: “Devi dirci tu cosa è successo”. Ma io come facevo a saperlo? Ho capito dopo che dovevano fare così. Quello che mi dispiace è avere saputo che Sharon era morta solo alle 16 del pomeriggio dopo». Una botta da mandare al tappeto chiunque, ma lui: «Rispetto a quello che ha passato Sharon, non è niente». Noi di Dillinger lo scriviamo da una settimana che Sergio Ruocco è un innocente.