Il processo a Matteo Salvini per il caso Open Arms polarizza gli animi sul rompicapo dell’immigrazione irregolare. Per l’opposizione il centro-destra è cattivo, per il governo il centro-sinistra non è buono. Purtroppo, la questione è molto più complessa e transnazionale, per usare un concetto caro a Marco Pannella. Basti notare che in Svezia i migranti potranno ricevere fino a 350.000 corone (circa 30.700 euro) se sceglieranno di tornare nei loro Paesi d’origine entro il 2026.
Secondo il ministro per le Migrazioni, Johan Forssell, è un «cambiamento di paradigma» nella politica migratoria svedese, in un Paese per anni tra i più generosi al mondo nell’aprire agli stranieri.
Nell’arco dell’Unione Europea, non sono pochi gli Stati membri che serrano i ranghi contro i flussi clandestini. Dopo l’attentato di Solingen, con tre persone uccise da un 26enne siriano cui era stata respinta la richiesta di asilo, la Germania ha deciso di chiudere le frontiere. Berlino già da tempo sta riducendo i passaggi, motivando ragioni di sicurezza e di prevenzione.
Puntando il binocolo sull’Olanda, Marjolein Faber, ministra per l’Asilo e membro dell’ultradestra guidata da Geert Wilders, agita lo spettro di una crisi nazionale. Il governo intende richiedere formalmente a Bruxelles una specie di exit strategy dalle politiche comuni di asilo dell’Unione Europea.
Significherebbe la sospensione temporanea dell’esame delle domande di asilo, una svolta nelle politiche migratorie olandesi. Il premier Dick Schoof annuncerà a breve i dettagli della nuova agenda di governo, orientata a una linea più drastica sull’accoglienza.
I tagli di Oslo
Anche la Norvegia ha introdotto misure molto restrittive per frenare il fenomeno dei rifugiati. I centri di accoglienza ora sono 27, nel 2016 erano 150. Avere un’abitazione è uno dei presupposti necessari anche soltanto per fare la domanda di asilo. Oslo ha tagliato pesantemente i permessi di asilo politico, che da 31.145 del 2015 sono crollati a 3.546 nel 2017. Il Parlamento stabilisce ogni anno il numero massimo di rifugiati da accogliere sulla base dei posti di lavoro, finanze e alloggi disponibili; il Ministero della Giustizia e Pubblica Sicurezza decide da quali Paesi e che tipo di rifugiati ammettere, escludendo a priori individui con fedine penali sporche, comportamenti, attitudini indesiderate o con problemi di tossicodipendenza.
Da due anni, la Danimarca ha adottato una strategia specifica: spostare altrove il “problema” e disincentivare gli arrivi con una serie di provvedimenti restrittivi, perfino punitivi. Il governo danese, socialdemocratico sulla carta, con il sostegno dei liberali di Venstre, ha indicato come obiettivo fondamentale la soglia dei “zero arrivi”. Chi chiederà asilo politico a Copenaghen sarà immediatamente trasferito in un altro paese “partner”, al di fuori dell’Unione Europea, per tutto il periodo necessario per valutare se davvero quelle richieste siano fondate o meno. Se la pratica avrà esito positivo, il richiedente potrà restare nello stato “di appoggio”, altrimenti scatterà l’espulsione verso il paese d’origine. Il messaggio è comunque chiarissimo: sul suolo danese non metteranno mai piede.
I dati
I dati sull’immigrazione tracciano una differenza geografica. Secondo i dati preliminari di Frontex, nei primi otto mesi del 2024 si è verificato un calo del 39% degli attraversamenti irregolari rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. In Italia gli sbarchi sono calati del 60% nel 2024.
Le rotte del Mediterraneo centrale e dei Balcani occidentali hanno registrato le diminuzioni più significative, rispettivamente del 64% e del 77%. Ma nelle rotte dell’Europa orientale e dell’Africa occidentale si registra incremento del 193% e del 123%, con i principali migranti provenienti da Siria, Mali e Afghanistan.