Il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi se l’è presa comoda, ma adesso pare che i famosi centri per migranti in Albania siano quasi pronti ad accogliere extracomunitari. «Sicuramente c’è stato qualche mese di ritardo», ammette. «Ci sono state delle situazioni normali di verifica per cui si è scoperto ad esempio che il terreno andava rinforzato. Tutto qui, varianti in corso d’opera normalissime. Si parte a ottobre». Misura proclamata come innovativa, in realtà è stata preceduta dalla politica migratoria della Danimarca, che da due anni trasferisce chi chiede asilo politico in un Paese partner. Di certo c’è che i centri erano previsti per lo scorso maggio e che le opposizioni dimostrano totale ostilità.
Il progetto era stato annunciato a novembre dello scorso anno come una «soluzione innovativa», destinata a diventare «un modello da seguire», da avviarsi entro la primavera del 2024. L’intenzione era di organizzare i centri per il periodo estivo, quando spesso, per le condizioni climatiche, i tentativi di attraversare il Mediterraneo aumentano. Invece, a maggio il governo era rimasto sul vago. A giugno aveva annunciato la nuova apertura il 1° agosto, poi smentita. Proprio ad agosto lo stesso ministro Piantedosi aveva evitato di dire quando il progetto avrebbe avuto il via, dando la responsabilità dei ritardi alle condizioni geologiche del terreno e alle ondate di caldo.
Ora Piantedosi garantisce che la scadenza di ottobre sarà rispettata: «Non temiamo eventuali ricorsi perché questa è una normativa con cui l’Italia anticipa una regolamentazione europea che entrerà in vigore dal 2026. Ci saranno procedure accelerate di frontiera con espulsioni più rapide, senza comprimere il diritto d’asilo. Poi i singoli contenziosi si affronteranno di volta in volta». In sostanza, molto somiglia al modello danese.
Del protocollo con l’Albania ha parlato Giorgia Meloni nel suo incontro con il premier britannico Keir Starmer: «Abbiamo offerto tutti gli elementi per comprendere meglio questo meccanismo, che è stata una delle innovazioni portate dal governo italiano nella politica di governo dei flussi migratori», dice orgogliosa la presidente del Consiglio.
Ma Angelo Bonelli, deputato di Avs, è di tutt’altro avviso: «Il modello Albania tanto decantato dalla premier Meloni, semplicemente non esiste. Ci troviamo di fronte all’ennesima autocelebrazione trionfalistica di questo governo che antepone bugie e propaganda al rispetto dei diritti e della vita umana stessa. Vorrei ricordare a tutti che i due centri per migranti in Albania costeranno quasi un miliardo di euro per i prossimi 5 anni, ovvero 550mila euro al giorno, di cui 138mila solo per i funzionari che faranno avanti e indietro dall’Italia. Uno sperpero di denaro pubblico senza precedenti, altro che modello».
La “tirata del carro”
Intanto, si avvicina il G7 ad Avellino, dedicato alla sfera degli Interni. Matteo Piantedosi porterà i leader mondiali a Mirabella Eclano, teatro della “tirata del carro”, 8mila anime nella profonda Irpina a venti km dal suo paesello natio, Pietrastornina. A un obelisco in paglia di 25 metri vengono agganciate sei coppie di buoi, che lo trascinano nella discesa del corso mentre gli uomini delle contrade tirano grosse funi dal lato opposto per tenerlo in equilibrio. Euforico il sindaco Giancarlo Ruggiero: «I ministri dell’Interno dei Grandi faranno la foto opportunity sotto il nostro carro, che è il simbolo del G7, il nome di Mirabella Eclano farà il giro del mondo».
Però a Mirabella Eclano, di questo G7, i cittadini non vedranno niente. I ministri, i loro staff e gli oltre cento giornalisti internazionali resteranno blindati a Villa Orsini, proprietà di uno dei più noti possidenti d’Irpinia, dove si svolgeranno i lavori, e nel resort di lusso Mastro Berardino, con campo da golf e famosa cantina dove si produce l’Aglianico.
Il contro-G7
Davide Perrotta di Arci Avellino che, insieme ad Acli, Cgil e a decine di altre sigle, sta organizzando il Social Forum, un “contro-G7” sui temi della pace, del ruolo dell’Italia sullo scenario internazionale e dell’immigrazione, attacca Piantedosi a testa bassa: «Solo un’operazione di forza di Demitiana memoria senza averne l’influenza e la statura. L’unico interesse di Piantedosi è costruire un sistema di relazioni di potere nell’Irpinia che fu di De Mita e Mancino. La falsa mission del G7 volano del territorio non esiste, è uno specchietto per le allodole su cui sta costruendo il suo ritorno politico ed elettorale».
La sua collega Francesca Pesce rincara la dose: «Se Piantedosi intendeva portare l’Irpinia in vetrina avrebbe dovuto rendere protagonista il territorio. L’isolamento produce purtroppo anche rassegnazione e indifferenza. Da questa terra sono partite battaglie come quella di Don Vitaliano al G8 di Genova. Oggi qui del G7 non importa niente a nessuno, i ministri andranno via e qui non sposterà nulla. Conta molto di più la Tirata del Carro».