L’esplosione simultanea, sia in Libano che in Siria, di centinaia di cercapersone utilizzati dai miliziani di Hezbollah, è un “attacco molto sofisticato“ secondo quanto dicono gli esperti. Un evento che ha provocato morti e migliaia di feriti.
Diversi esperti, come si legge sul Fatto quotidiano, pensano a due principali opzioni: un malware che ne ha causato il surriscaldamento e l’esplosione in simultanea dei dispositivi, ma anche la possibilità del sabotaggio con i cercapersone manomessi, con l’inserimento di una micro-carica esplosiva, prima di essere distribuiti tra i membri di Hezbollah. Hezbollah temeva l’infiltrazione israeliana negli strumenti tecnologici usati dal gruppo. Infatti, l’uso dei cercapersone sarebbe nato proprio da queste preoccupazioni.
Secondo quanto si legge su Open, sarebbe stato Israele a mettere l’esplosivo nei cercapersone venduti a Hezbollah: “Dopo le indiscrezioni di Axios arriva la conferma del New York Times. L’esplosivo sarebbe stato posizionato vicino alla batteria dei pager insieme a un interruttore e attivato tramite un sms. Si tratta di un’operazione congiunta del Mossad e dell’esercito. La maggior parte dei dispositivi era del modello AR924”.
Hezbollah avevano il marchio dell’azienda di Taiwan Gold Apollo, che però non avrebbe prodotto i cercapersone utilizzati dai militanti di Hezbollah. A dirlo è il fondatore dell’azienda taiwanese. Secondo lui i dispositivi incriminati erano stati realizzati da un’azienda in Europa che aveva però il diritto di usare il marchio di Gold Apollo. “Il prodotto non era nostro. Aveva il nostro marchio. Gold Apollo è stata una vittima dell’incidente, siamo un’azienda responsabile e quanto accaduto è molto imbarazzante”.