L’imprenditore Aldo Spinelli ha appena seguito l’esempio di Giovanni Toti, patteggiando tre anni e due mesi, oltre alla confisca di quasi mezzo milione di euro. Non proprio volentieri, però: «Così mi è stato consigliato dai miei avvocati, dopo le precedenti decisioni in questo senso di Toti e Signorini. Io proprio non volevo, non era mia intenzione accettare alcun accordo. Ma se non ascolti i legali allora cosa li prendi a fare? È come quando vai dal medico e ti prescrive l’aspirina o un’altra medicina. Che fai, non la prendi?». Sul patteggiamento dell’ex governatore della Liguria si dichiara decisamente «sorpreso».
Intervistato da La Stampa mentre gioca a scopone con amici, Spinelli prende appena appena in giro Toti e la sua versione su una proposta accettata perché «irrifiutabile»: «Diciamo che Toti è un giornalista, in questi giorni l’ha raccontata un po’ così… Lui ha chiuso con poco più di due anni, tornerà a fare la vita che faceva prima».
Alla domanda sui soldi che avrebbe elargito all’ex governatore, risponde ridendo: «Per il governatore, in ogni momento c’era un’elezione in cui c’entrava: a Genova, a Savona».
«E le cene: all’ultima neppure ci volevo andare, poi mi ha chiamato un mio amico e mi ha detto che portava venti persone. Che faccio? Io non porto nessuno?».
Ci si domanda se chi patteggia si rassegni a un’implicita, seppure parziale, ammissione di responsabilità: «Lo ripeto: alla fine ho detto sì ma io non volevo. Lo sapete come sono fatto, mi conoscete?».
«Ho lottato contro tutti»
«Ho combattuto da solo contro novemila portuali, ho lottato contro tutti in porto e in città. Ma mi hanno consigliato così e mi fido. Mi hanno anche detto che alla fine tornerà tutto come prima».
La confisca gli brucia: «Quei soldi alla fine li vorrei indietro, non mi fa piacere che me li abbiano presi. Mi hanno restituito solo due fucili da caccia che erano di mio suocero: pagherò pure la multa per questo».
«Sono un benefattore»
Commentando altri personaggi coinvolti nel Toti-Gate, da Paolo Signorini a Ivana Semeraro, Spinelli si autoincensa: «Sono tutti bravi a prendere e mai a dare. Ma io sono diverso… Sono un benefattore, ho aiutato tutti: dai dipendenti che me lo chiedevano alle aziende del territorio, che spesso ho salvato dal fallimento».
«E pensare che nel 1963 ho iniziato con due impiegati, mentre ora ho 4.000 persone da mantenere: ha pesato anche questo sulla mia scelta di patteggiare e di chiudere con l’inchiesta. Non potevo in alcun modo mettere a rischio il loro posto di lavoro e il futuro del nostro gruppo imprenditoriale».