Ampiamente annunciato e prevedibile, il caos in cui è precipitata Roma sabato 5 ottobre sarà ricordato come fonte di insopportabili disagi per la cittadinanza, vittima di seimila attivisti pro-Palestina. Decisi a procedere con il loro corteo di protesta, sfidando il veto di Questura e Tar. Dell’antica serie “piove sul bagnato”, alle straordinarie misure di sicurezza che hanno creato un cordone fittissimo intorno alla capitale va ad aggiungersi lo sciopero dei mezzi.
Gli attivisti hanno scelto per ritrovarsi la Piramide Cestia, a Piazzale Ostiense. Sorvolata da elicotteri della polizia e sbarrata da blindati delle forze dell’ordine, tra la piazza dal lato di viale Aventino e via Marmorata e via Ostiense, viale Giotto e verso Porta Portese.
Il flusso di manifestanti è rallentato ai varchi di accesso dai controlli, con la richiesta di documenti. Una quindicina di attivisti è stata respinta e invitata a tornare indietro perché con precedenti legati ai resti contro l’ordine pubblico.
Oltre 20 attivisti italiani fermati ai controlli autostradali in ingresso a Roma sono stati scoperti avere precedenti penali o di polizia collegati a reati da ordine pubblico. Agit-prop da diverse regioni coinvolti in passato in incidenti o tafferugli di piazza.
Sono stati accompagnati in Questura per approfondire la loro posizione. Altre 1.600 persone identificate sono state rilasciate e sono incamminate verso la Piramide.
In piazza i collettivi dei licei
Hanno aderito inoltre i collettivi dei licei: «Il 5 scendiamo in piazza. E non ci frega nulla di un divieto. Perché uno stato che vieta le manifestazioni è uno stato fascista», si sente nel video di una delle azioni realizzate venerdì, fuori e dentro gli istituti, dai collettivi studenteschi auto-organizzati, per il lancio del corteo.
Antonio Tajani si dimentica il divieto di Tar e Questura e moraleggia: «Non si può trasformare una legittima manifestazione in un’esaltazione dell’antisemitismo e di un’azione terroristica che ha provocato migliaia di morti».
Segre al pubblico ludibrio
«Dobbiamo garantire la sicurezza di tutti i luoghi di culto ebraici e mi auguro che prevalga il buon senso: il diritto di manifestare è un’altra cosa. Il diritto di trasformare manifestazioni di libero pensiero in manifestazioni in cui si indica al pubblico ludibrio una persona come la senatrice Segre, che è un’immagine emblematica della lotta contro il nazifascismo, additarla come pericolosa agente sionista o fare lo stesso con persone che sono di origine ebraica, questo è inaccettabile».
«Trasformare una manifestazione del diritto del popolo palestinese in una manifestazione di odio razziale contro Israele non significa esprimere libero pensiero».