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L’arringa di Giulia Bongiorno al processo Open Arms

La senatrice Giulia Bongiorno - Fonte: Ipa - Dillingernews.it

Al processo Open Arms è il giorno dell’arringa difensiva di Giulia Bongiorno, avvocatessa di Matteo Salvini, accusato di sequestro di persona e rifiuto di atti d’ufficio per aver impedito, quando era ministro dell’Interno, lo sbarco di 147 migranti da una nave dell’Ong spagnola a Lampedusa. «Il fatto non sussiste», sostiene Bongiorno, chiedendo l’assoluzione. «I confini, contrariamente a quanto si pensa, non sono strumenti di discriminazioni ma uno scudo della pace. Se non ci fossero regnerebbe il caos. Open Arms ha avuto innumerevoli possibilità di fare sbarcare i migranti soccorsi, ma ha opposto innumerevoli rifiuti e dall’1 al 14 agosto del 2019 ha scelto di bighellonare anziché andare nel suo Stato di bandiera, la Spagna».

«Si è detto di un motore in avaria sull’imbarcazione Open Arms. Alle 15.14 andava ancora a 8 nodi, la presunta avaria è smentita e la barca non era fuori controllo, basta guardare il video e questa barca ha una capacità di governo e propulsione perfetta. Si vede qualcuno che manovra verso poppa, è una persona esperta, e soprattutto ci sono delle diapositive che ci dimostrano che il barcone non era fuori controllo, ci sono immagini. Non c’era nulla di rotto».

«Si dirà, magari, il “motore non era rotto ma se c’era un buco”. C’era o no questo squarcio? Alla fine, l’onestà intellettuale emerge. Persino il consulente dell’accusa ha detto che era una chiazza di colore diverso, non c’era uno squarcio o un buco quindi l’imbarcazione era idonea a raggiungere quel tipo di obiettivo. Open Arms non si è imbattuta casualmente nel barcone coi migranti né a indicare alla ong la barca coi profughi fu Alarm Phone. La verità è che ci fu una consegna concordata perché qualcuno ha dato indicazioni precise a Open Arms molto prima della segnalazione di Alarm Phone che, peraltro, non era corretta».

«L’Italia era in ginocchio: Mrcc aveva chiesto a Open Arms di mandare dei moduli che attestassero il disagio a bordo; al suo rifiuto aveva sollecitato, se era complesso scrivere quelle cinque righe di attestazione, di inviare i vecchi moduli. La richiesta viene girata a Oscar Camps (il fondatore della ong spagnola, ndr), ma ancora una volta l’Italia viene ignorata. C’era un “varco” aperto per chiudere positivamente questa vicenda, ma la Ong ha ignorato ogni sollecitazione in tal senso».

«Ancora in ginocchio, l’Italia fa capire che vuole farli scendere tutti: “Scriveteci su un pezzetto di carta che sono in pericolo di vita”, viene chiesto, “e li facciamo scendere”, ma nulla da fare. Chi teneva sotto sequestro allora i migranti? l’Italia il 15 agosto 2019 aveva dato la possibilità di sbarcare a tutti con una semplice parola: “disagio”, ma dal 16 in poi la Ong ha alzato l’asticella e non ha più risposto, inviando piuttosto mail alla procura di Agrigento». 

“A bordo persone in condizioni disumane”

Oscar Camps, fondatore di Open Arms, ribatte punto su punto: «Oggi la difesa ha fatto la sua ricostruzione dei fatti. Quello che noi di Open Arms abbiamo sempre ribadito, e che è stato oggetto della requisitoria dei Pm nelle scorse udienze, è che a bordo dell’imbarcazione c’erano persone costrette in condizioni disumane. Persone vulnerabili, trattenute per 19 giorni nonostante la precarietà della loro situazione fisica e psicologica, oltre al fatto che provenivano da un Paese come la Libia dove avevano subito violenze e abusi».

«Noi siamo sereni: la Procura ha le nostre dichiarazioni e la sua ricostruzione corrisponde pienamente a quanto abbiamo sempre sostenuto. Ora aspettiamo il giudizio finale. Nel frattempo, continuiamo a vedere politiche migratorie gestite in modo emotivo, come il tentativo di deportare migranti in Albania, fermato dalla giustizia. Queste pratiche non fanno altro che ignorare i diritti umani fondamentali».

Il ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini – Fonte: Ipa – Dillingernews.it

“Un processo politico”

Laura Marmorale, presidente di Mediterranea Saving Humans, si è costituita parte civile nel processo. E puntualizza: «Noi non abbiamo mai incitato al carcere per Matteo Salvini, non lo abbiamo mai fatto e mai lo faremo per nessuno. Al contrario di Salvini, che invece non si è mai stancato di chiedere il carcere per noi. Salvini è uno che passerà alla storia per quello che ha fatto a persone innocenti. Noi invece non passeremo da suoi complici, questo è sicuro. Non saremo quelli che si sono girati dall’altra parte».

Si sa che Giulia Bongiorno è tra le maggiori penaliste del Paese, una togata che difese persino Giulio Andreotti. E il ministro Salvini la vede come il suo asso nella manica: «Questo è un processo politico portato avanti da una parte di magistratura di sinistra, e la grandissima Giulia Bongiorno smonterà pezzo per pezzo questa accusa assurda. I politici di sinistra, tutti, vorrebbero Salvini in galera. Sono preoccupato? No, sono orgoglioso di quello che ho fatto». Il processo è stato rinviato al 20 dicembre per eventuali repliche delle parti e per la sentenza. Nel frattempo, insulti e minacce social alla pm Giorgia Righi, una delle magistrate che rappresenta l’accusa, hanno costretto ad assegnarle una scorta. Righi, che fa anche parte della Direzione Antimafia, era l’unica del pool a non essere ancora tutelata.

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