Non c’è pace per le donne in questo malandato e malato Paese, tra femminicidi e stupri. Mature o giovani che siano, vengono abusate nei sottopassaggi della metropolitana a Roma, in pieno centro a Firenze o, ancora, nelle vie del cuore di Perugia. Che cosa dovrebbero fare le loro famiglie? Organizzare ronde con le mazze da baseball per farsi giustizia da sé? Dove sono lo Stato, la pubblica sicurezza?
Il caso di Perugia, recentissimo, riguarda l’incontro tra una ragazza di 20 anni e un giovane di 25, accordatisi sull’app Tinder per un appuntamento. L’approccio (se così si possa definire) in un bar e la violenza in un vicolo in pieno centro. Lei è una studentessa universitaria perugina che, facendosi quel coraggio che ad altre è mancato, ha denunciato il reato. Il suo avvocato Pietro Giovannini ha descritto le circostanze: «Lui con la scusa di prendere le cannucce è andato a prendere il drink al bancone ed è forse in questa fase che ha messo qualche stupefacente nel gin tonic».
Dopo un drink nel bar, i due ragazzi avrebbero fatto una passeggiata lungo Corso Garibaldi e, intorno alla mezzanotte, il giovane l’avrebbe aggredita. Ha provato a urlare, a chiedere aiuto, nessuno le ha prestato soccorso, sebbene il teatro dell’abuso fosse vicino all’università per Stranieri. In ospedale gli esami hanno confermato la violenza subìta ed è partita la segnalazione alle forze dell’ordine.
Le autorità seguono la solita prassi. Da una parte esaminando le immagini delle telecamere di videosorveglianza e dall’altra con ricerche in rete, con il supporto della Polizia Postale. «Speriamo che il sito in questione collabori alle indagini per identificare l’autore della violenza», auspica l’avvocato. Ma il violentatore, a quanto risulterebbe, avrebbe cancellato il proprio account Tinder la sera stessa del suo gesto.