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In aula un video choc sulle torture a Giulio Regeni

Giulio Regeni, assassinato al Cairo nel febbraio 2016, quando aveva 28 anni - Fonte: Ipa - Dillingernews.it

Una video testimonianza shock, trasmessa in un documentario di Al Jazeera e mostrata oggi nel corso dell’udienza davanti alla Prima Corte di Assise di Roma, irrompe nel processo che vede imputati quattro 007 egiziani per la morte violenta del ricercatore Giulio Regeni, ritrovato cadavere nel 2016 in Egitto. Intanto, si aggiunge un nuovo aspetto che potrebbe fare luce sulle circostanze e le cause dell’omicidio.

A parlare in aula a Roma è un ex detenuto palestinese che racconta di aver visto Giulio Regeni prima e dopo un interrogatorio in carcere. «Dove hai imparato a superare le tecniche per affrontare l’interrogatorio? Dove hai conseguito il corso anti-interrogatorio?», gli chiedevano i carcerieri.

«Lo torturavano con scosse elettriche. Due carcerieri portavano Giulio a spalla verso le celle. Non era nudo, indossava degli abiti. Ho visto un altro detenuto con la schiena blu per i segni di tortura. “Giulio, dove hai imparato a superare le tecniche per affrontare l’interrogatorio?”. Ricordo più volte questa domanda ripetuta in dialetto egiziano o in arabo. Non so se Giulio ha risposto o meno. Insistevano molto su questo punto, erano nervosi. Usavano la scossa elettrica e lo torturavano con la corrente».

Nel caso Regeni affiorano le ipotesi di Antonio Tricarico, top manager di Recommon, associazione che lotta contro gli abusi di potere e il saccheggio dei territori per creare spazi di trasformazione nella società. Ricordiamo che Giulio Regeni era in Egitto per svolgere una ricerca sui sindacati indipendenti egiziani presso l’Università Americana del Cairo, in virtù di un dottorato di ricerca presso il Girton College dell’Università di Cambridge.

Scrive Il Manifesto: “L’Eni ha denunciato Tricarico, accusandolo di diffamazione a mezzo stampa per le dichiarazioni a Report nella puntata andata in onda lo scorso 5 maggio. Le parole contestate a Tricarico confermavano una «sovrapposizione totale» tra il periodo della trattativa per l’assegnazione della licenza di sviluppo e gestione del ricco giacimento di gas di Zohr, che si sarebbe poi chiusa proprio a febbraio del 2016, e i giorni in cui Giulio Regeni fu rapito, massacrato e ucciso da parte delle forze di sicurezza del Cairo.

Il più grande giacimento di gas nel Mediterraneo

Scoperto nell’agosto del 2015 dalla stessa Eni, Zhor è il più grande giacimento di gas mai scoperto nel Mediterraneo e si trova 200 chilometri a Nord dalla costa egiziana di Port Said.

Le dichiarazioni di Tricarico acquistano ancor più peso e credibilità dopo che domenica sera Report ha rivelato di essere entrata in possesso di mail, documenti e rapporti riservati che testimoniano come nei giorni in cui scoppiava il caso Regeni i vertici dell’Eni abbiano incontrato il governo egiziano, proprio mentre Il Cairo si sottraeva alla richiesta delle nostre istituzioni di parlare del caso Regeni.

Una delle tante manifestazioni per ricordare il caso di Giulio Regeni – Fonte: Ipa – Dillingernews.it

“Mettere a tacere una voce scomoda”

Recommon ha subito espresso la sua vicinanza a Tricarico ribadendo «la ferma intenzione di continuare le campagne di comunicazione e di informazione sulla principale multinazionale fossile italiana, esponendo le sue responsabilità nella crisi climatica in atto», e che l’accusa nei confronti dell’esponente di Recommon appare «come l’ennesimo tentativo di mettere a tacere una voce scomoda».

Solidarietà nei suoi confronti è stata espressa anche dall’Ong Extinction Rebellion e da Angelo Bonelli di Avs, che ha dichiarato: «Tricarico e organizzazioni come Recommon svolgono un ruolo cruciale nel garantire trasparenza e giustizia. Sulla vicenda Eni siamo tutti chiamati a dare un contributo di verità sull’assassinio di Giulio Regeni».

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