Il governo si scompone sul mandato di arresto della Corte penale internazionale contro il premier israeliano Benjamin Netanyahu e l’ex ministro della Difesa Yoav Gallant, accusati di crimini di guerra. In un certo senso Meloni, Salvini, Crosetto e Tajani vanno ognuno per una strada diversa. Il loro imbarazzo traspare evidente dalle posizioni pubbliche che assumono.
La premier: «Approfondirò in questi giorni le motivazioni che hanno portato alla sentenza della Corte Penale Internazionale. Motivazioni che dovrebbero essere sempre oggettive e non di natura politica. La Presidenza italiana del G7 intende porre il tema all’ordine del giorno della prossima Ministeriale Esteri che si terrà a Fiuggi dal 25 al 26 novembre. Un punto resta fermo per questo governo: non ci può essere una equivalenza tra le responsabilità dello Stato di Israele e l’organizzazione terroristica Hamas». Un colpo al cerchio e uno alla botte.
Il ministro della Difesa Guido Crosetto, con il suo solito savoir faire, sgancia un petardo: «Aderendo alla Corte penale internazionale, se Netanyahu e Gallant venissero in Italia dovremmo arrestarli». Pur ritenendo, ha aggiunto, la sentenza «sbagliata». Il vicepremier Matteo Salvini sfodera la spada del Carroccio: «Sentenza filoislamica. Conto di incontrare presto esponenti del governo israeliano e se Netanyahu venisse in Italia sarebbe il benvenuto. I criminali di guerra sono altri».
Ciascuno pare intrappolato nel proprio personaggio, più di tutti il leader della Lega, che spara una sciocchezza inaudita accusando la Corte penale internazionale di filoislamismo. E sarebbe ora di finirla di fare tutta un’erba un fascio, gettando nel calderone delle “magistrature faziose e politicizzate” qualunque sentenza risulti scomoda per una classe politica al potere.
Ingabbiato come gli altri nel ruolo che si è ritagliato da solo, interviene anche l’altro vicepremier Antonio Tajani, meno abile che in altri casi a confondere le acque: «La linea è quella del presidente del Consiglio, che io ho il dovere di attuare anche perché la condivido. Lunedì a Fiuggi comincerà il G7 dei ministri degli Esteri e prenderemo le decisioni insieme ai nostri alleati. Vedremo quali sono i contenuti della decisione e le motivazioni che hanno spinto a questa decisione. Noi sosteniamo la Corte, ricordando sempre che deve svolgere un ruolo giuridico e non un ruolo politico». Ah, ecco. Come volevasi.
Certe “esternazioni di altri ministri”
La Farnesina aggiunge, in una nota, che sarebbero “in corso interlocuzioni con il ministero della Giustizia e Palazzo Chigi per stabilire la posizione del governo da un punto di vista tecnico e che non commentano esternazioni di altri ministri proprio perché è ancora tutto in via di definizione”. Siamo al bizantinismo.
Prevedibili le levate di scudi dell’opposizione: «L’Italia ha il dovere di rispettare la sentenza», dice Giuseppe Provenzano, responsabile esteri dei dem. Si unisce Andrea Orlando, ex ministro della Giustizia: «Lo statuto della Corte penale internazionale pone in capo agli Stati che hanno aderito l’obbligo di dare corso alle decisioni. Se ci fosse una presenza di Netanyahu nel nostro Paese dovremmo metterlo sotto il controllo delle autorità e impedirgli una libertà di azione». E Laura Boldrini, altra deputata pd: «Il ministro Tajani ci dica cosa intende fare per adempiere all’obbligo che ha l’Italia di attuare le sentenze della Corte penale internazionale, perché non è una scelta ma è un dovere».
“Sentenza storica”
L’immancabile Nicola Fratoianni di Avs enfatizza nel suo stile: «Il mandato di arresto nei confronti di Netanyahu e Gallant è di importanza storica e arriva mentre il genocidio dei palestinesi, quell’ecatombe, è ancora in atto».
Il MoVimento 5 stelle si sconcerta all’unisono: «Sono scioccanti e vergognose le parole di Tajani sul mandato d’arresto. Come ha ricordato anche l’alto rappresentante dell’Unione europea per la politica estera, Josep Borrell, le decisioni dei giudici dell’Aja non sono politiche ma ordini di arresto vincolanti per tutti i paesi Ue». Categorico Giuseppe Conte: «Va avviato subito un embargo dell’Europa all’invio di armi per Israele».