Dopo tredici udienze, dichiarazioni ai giudici in cui ha raccontato della sua angoscia senza un pensiero per Giulia. Fino alla deposizione in cui, in sostanza, ha spiegato di avere ucciso per non compromettere la sua carriera di barman, Alessandro Impagnatiello esce dalla gabbia degli imputati.
In piedi davanti alla Corte, non mostra emozioni alla lettura del verdetto. Un verdetto che recita ergastolo e tre mesi di isolamento diurno. Condanna che arriva per l’omicidio di Giulia Tramontano, 29 anni, incinta al settimo mese e uccisa con 37 coltellate a maggio 2023 nel loro appartamento di Senago. La Corte di Assise di Milano ha riconosciuto a Impagnatiello le aggravanti della premeditazione, della crudeltà e dell’aver commesso il fatto ai danni della convivente, escludendo solo i futili motivi. E ha sancito il concorso formale con le altre due imputazioni. Trattasi di occultamento di cadavere e interruzione di gravidanza non consensuale, applicando oltre all’ergastolo altri sette anni di reclusione.
Impagnatiello è rimasto impassibile, in piedi accanto ai suoi avvocati, dando il consenso questa volta ad essere ripreso dalle telecamere, con lo sguardo fisso davanti a sé e accennando uno sguardo duro, mentre veniva portato via dagli agenti della Penitenziaria. I familiari di Giulia, invece, sono scoppiati in lacrime: “Non esiste vendetta”, ha detto piangendo la mamma. “Abbiamo perso una figlia, un nipote. Abbiamo perso la nostra vita”, ha concluso.
La sorella Chiara ha voluto sottolineare che “questa sentenza è solo il normale epilogo della giustizia. Dovremmo fare molto di più prima che un’altra donna venga uccisa, senza aspettare la giusta sentenza per gridare contro la violenza sulle donne”.