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Omicidio Giulia Cecchettin, chiesto l’ergastolo per Turetta. La difesa prova ad evitare la condanna

Conclusa requisitoria in Corte d’Assise a Venezia. Intanto il fratello Andrea Turetta ha parlato per la prima volta raccontando di essere andato in carcere a trovare il fratello maggiore

Ieri il pm Petroni, al termine della sua requisitoria ha chiesto l’ergastolo per Filippo Turetta ha concluso che nell’omicidio di Giulia Cecchettin ci sono stati la premeditazione, la crudeltà e lo stalking, e non c’è alternativa alla pena massima per il colpevole. Per il rappresentante dell’accusa, Turetta ha negato e mentito nel primo interrogatorio in carcere, e poi anche in aula, nascondendosi dietro tanti “non ricordo”.

In aula, per la seconda volta, c’era anche l’imputato, che ha ascoltato a capo chino, senza nemmeno dialogare con i propri legali. In serata, Gino Cecchettin, papà della vittima, ha commentato: “Mi aspetto solo che vengano applicate le leggi. Io sono già morto dentro di fatto. La mia battaglia, ma preferirei chiamarla il mio percorso, è fuori dall’aula. Per me non cambierà nulla, Giulia non la rivedrò più”.

Oggi la difesa dell’imputato ha una missione praticamente impossibile: provare a evitare una condanna all’ergastolo per il giovane accusato di omicidio volontario aggravato, sequestro di persona e occultamento di cadavere dell’ex fidanzata. Davanti alla corte d’Assise di Venezia, gli avvocati Giovanni Caruso e Monica Cornaviera, stanno tenendo un’arringa che durerà un paio di ore, in cui ricostruiranno quanto accaduto l’11 novembre 2023 quando lo studente di Torreglia (Padova) uccise, con 75 coltellate, l’ex ragazza ventiduenne.

Il piano dei legali di Turetta

L’obiettivo dei legali è provare a ribattere alla tesi dell’accusa di un delitto premeditato, con tanto di lista delle cose da fare e piano di fuga appuntate da Turetta in una nota sul telefono creata quattro giorni prima. “L’ergastolo è da molto tempo ritenuto una pena inumana e degradante, le pene devono tendere alla rieducazione del condannato. L’ergastolo è il tributo che lo stato di diritto paga alla pena vendicativa”. ha detto nell’arringa Caruso.

“Voi non dovete emettere una sentenza giusta ma secondo la legalità. La civiltà del diritto vi impone di giudicare Turetta con una mano legata dietro alla schiena che non corrisponde alla legge del taglione. Questa è la civiltà del diritto alla quale contribuirete ancorché avreste da applicare la pena massima prevista dall’ordinamento”.

Sentenza attesa il 3 dicembre

Contro Turetta “le prove sono talmente evidenti – ha spiegato ieri il pm Andrea Petroni nella sua requisitoria – che c’è l’imbarazzo delle scelta”. C’è la prova scientifica come le macchie di sangue della vittima trovate nell’auto dell’imputato; ci sono le telecamere che permettono di ricostruire la fuga su strade secondarie fino al lago di Barcis dove si disfa del corpo di Giulia Cecchettin; c’è la confessione resa durante l’arresto in Germania (dopo una fuga di sette giorni), ripetuta lo scorso dicembre nel carcere di Verona e nell’interrogatorio incerto in aula.

Nel processo ‘lampo’ la difesa, che ha scartato la carta della perizia psichiatrica, chiederà per Turetta – anche oggi atteso in aula – la condanna che gli spetta con la speranza che il carcere assuma la sua funzione di rieducazione permettendo al ventiduenne di capire il disvalore del suo gesto e dandogli la possibilità di riscattarsi. La sentenza è attesa il 3 dicembre.

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Un ragazzaccio appassionato di sport, cultura e tutto ciò che è assorbibile. Stanco della notizia passiva classica dei giornali e intollerante all'ipocrisia e al perbenismo di cui questo paese trabocca. Amante della libertà e diritto della parola, che sta venendo stuprata da coloro che la lingua nemmeno conoscono. Contrario alla censura e alla violenza, fatta qualche piccola eccezione. Ossessionato dall'informazione per paura di essere fregato, affamato di successo perché solo i vincitori scriveranno la storia.