Nell’aula del Consiglio comunale a Genova, una consigliera d’opposizione con i Rossoverdi decide di intervenire con una confessione stimolata dalla Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza sulle donne. Si chiama Francesca Ghio e ha 31 anni: «Avevo 12 anni, ero un’adolescente della Genova bene e sono stata violentata fisicamente e psicologicamente tra le mura di casa mia, ripetutamente, per mesi».
Ha un compagno e una figlia, Artemisia, in omaggio alla pittrice femminista Artemisia Gentileschi: «È stato mentre cullavo mia figlia, questa mattina, mentre mi perdevo nei suoi occhi, che ho deciso che era il momento di intervenire in questo modo su questo argomento e di riaprire questa cicatrice, neppure mia madre sapeva nulla, ma il punto non sono io, la mia storia è la storia di una donna su tre, il mio corpo è politico, è bandiera, la mia voce in quanto consigliera comunale è la voce di chi non ha la visibilità e la possibilità di parlare».
È stata vittima di «una persona di cui credevo di potermi fidare, uno dei nostri “bravi ragazzi”, un giovane manager di una piccola azienda che aveva accesso alla nostra casa, lui mi diceva di stare zitta e che doveva essere il nostro segreto, mentre sottostavo alle sue torture dovevo giurargli di non raccontare niente a nessuno».
“All’apatia rispondere con l’empatia”
La scelta di testimoniare per lei è stata obbligata: «Perché non posso fare altrimenti, per il mio ruolo pubblico, politico, all’apatia con cui si affronta in tante sedi il tema della violenza sulle donne, ho voluto rispondere con l’empatia, oggi che il mio stato di salute mentale mi consente di raccontare lo faccio per dimostrare che queste cose succedono a noi, alle nostre sorelle, alle nostre amiche, ma serve un messaggio forte per evitare di normalizzare determinate questioni, non si può parlare di educazione all’affettività o di sportelli antiviolenza alzando gli occhi al cielo per la noia, queste cose accadono a tutte, e gli uomini continuano a violentare».