La Romania sta attraversando una crisi politica senza precedenti, culminata con l’annullamento del primo turno delle elezioni presidenziali da parte della Corte Costituzionale. Questa decisione è scaturita da accuse di interferenze russe volte a favorire il candidato di estrema destra Călin Georgescu, che aveva sorprendentemente ottenuto la maggioranza relativa al primo turno.
Le autorità romene hanno declassificato documenti che evidenziano una campagna di disinformazione orchestrata attraverso piattaforme come TikTok e Telegram, mirata a promuovere Georgescu. Inoltre, sono emerse prove di finanziamenti non dichiarati per circa un milione di euro a sostegno della sua campagna. Questi elementi hanno portato la Corte a invalidare l’intero processo elettorale, definendolo compromesso da manipolazioni e irregolarità.
“L’unica soluzione corretta”
La reazione politica è stata intensa: mentre il primo ministro Marcel Ciolacu ha sostenuto la decisione della Corte, definendola “l’unica soluzione corretta”, sia Georgescu che la sua avversaria Elena Lasconi hanno condannato l’annullamento, considerandolo un attacco alla democrazia. Nel frattempo, il presidente in carica Klaus Iohannis ha dichiarato che rimarrà in carica fino all’elezione di un nuovo presidente.
Questo episodio in Romania si inserisce in un contesto europeo caratterizzato da crescenti tensioni politiche e interferenze esterne. Paesi come l’Ungheria sono stati criticati per derive antidemocratiche, e l’influenza russa continua a manifestarsi in vari processi elettorali del continente. La situazione attuale solleva preoccupazioni sulla stabilità politica dell’Europa e sulla resilienza delle sue istituzioni democratiche di fronte a minacce interne ed esterne.