I ribelli jihadisti hanno vinto, Damasco espugnata. L’annuncio in tv di un uomo in abiti civili: «La città di Damasco è stata liberata. Il tiranno Bashar al Assad è stato rovesciato. Tutti i prigionieri sono stati rilasciati dalla prigione di Damasco. Auguriamo a tutti i nostri combattenti e cittadini di preservare e mantenere la proprietà dello stato siriano. Lunga vita alla Siria».
Che fine abbia fatto il despota lo fa sapere Donald Trump sul suo social Truth: “Assad se n’è andato. È fuggito dal suo paese. Il suo protettore, la Russia, guidata da Vladimir Putin, non era più interessato a proteggerlo. Non c’era motivo per cui la Russia dovesse essere lì”.
“Hanno perso ogni interesse per la Siria a causa dell’Ucraina, dove circa 600.000 soldati russi giacciono feriti o morti, in una guerra che non sarebbe mai dovuta iniziare e potrebbe continuare per sempre. Russia e Iran sono in uno stato di debolezza in questo momento, uno a causa dell’Ucraina e di una cattiva economia, l’altro a causa di Israele e del suo successo in combattimento”.
Il mattatoio umano
Sono stati liberati i detenuti del carcere di Saydanya, 30 chilometri a nord di Damasco, noto come “il mattatoio umano”. Decine di centri di detenzione, ufficiali e “informali”, stanno aprendo le loro porte.
Stime del Syrian Network for Human Rights (Snhr) indicano che in Siria ci siano 136mila prigionieri politici, persone incarcerate per le loro idee o per aver preso parte a una protesta.
Tra loro Ragheed Al-Tatari, noto come “il decano dei detenuti”: 70 anni, di cui 43 trascorsi dietro le sbarre. Era il 1980 quando venne arrestato: «Era pilota dell’aeronautica militare», racconta Razan Rashidi, direttrice di The Syria Campaign, associazione siriana che lotta per i diritti umani e riforme democratiche.
«Un giorno, durante la repressione delle proteste ad Hama, si rifiutò di obbedire all’ordine di bombardare i civili. Ragheed è libero, ha lasciato il carcere di Tartous, lo abbiamo appena saputo: la sua famiglia è al settimo cielo, il figlio Walil non lo ha mai conosciuto».
Il primo ministro siriano Mohammad Ghazi al Jalali ha dichiarato in un’intervista con l’emittente al Arabiya che la Siria dovrebbe ora indire «libere elezioni affinché il popolo possa scegliere chi debba guidarli». Le milizie ribelli vincitrici gli hanno riconosciuto un ruolo di garanzia fino al ricambio ufficiale del potere.