Non sorprende la schiacciante maggioranza di suffragi a Donald Trump, vedendo che cosa sta succedendo negli Stati Uniti dopo l’arresto di Luigi Mangione, il 26enne di origini italiane e dal brillantissimo curriculum di studi che ha sparato alla schiena al top manager Brian Thompson.
Nell’America repubblicana dell’assalto a Capitol Hill sostenuto da Trump, incriminato e uscito pulito dal processo, Mangione è un nuovo eroe. Non un semplice assassino, ma una figura che incarna le faglie di ribellione allo strapotere delle multinazionali assicurative.
Noi italiani non abbiamo la più pallida idea di quanta sofferenza derivi da un sistema sanitario privato come quello americano. Ci lamentiamo dei tempi di attesa per fare una risonanza magnetica o qualsiasi altro esame, ma se i nostri vecchi vengono colpiti da un’ischemia cerebrale abbiamo la garanzia di un pronto soccorso che li accoglie, un ricovero gratuito e anche di un lungo periodo di riabilitazione in una Rsa pubblica.
Nelle terre scoperte dal genovese Cristoforo Colombo, o hai una polizza assicurativa o devi svenarti. E purtroppo spesso la polizza nemmeno ti protegge con certezza, perché cavilli e lungaggini burocratiche delle grandi compagnie assicurative – come la United Healthcare guidata da Thompson – bloccano la possibilità di usufruire di una copertura pagata, oltretutto, molto cara.
Dimmi tre parole
Così, le tre parole incise da Mangione sui proiettili che hanno ammazzato Thompson sono diventate una sorta di slogan. “Deny, Defend, Depose”, traduzione «Nega, Difendi, Deponi», tre “D” quasi pietre di fondazione di un’ideologia ispirata dal killer e che discende dalle gesta del più temuto terrorista statunitense, Ted Kaczynski, noto come Unabomber.
Mangione è stato già soprannominato «The Adjuster» (il regolatore). Viene assurto a paladino della vendetta contro le vessazioni della compagnia di Thompson, che spesso avrebbe rifiutato le coperture sanitarie per interventi ordinari e straordinari.
Online, compaiono testimonianze come il video di una giovane madre mima il pianto di un bimbo e dice: «Dov’è la compassione per la famiglia del ceo?», per poi ballare in giardino raccontando la sua lotta quotidiana per fare curare il figlio di quattro anni, affetto da una malattia rara.
“Non tutto quello che è necessario per vivere si qualifica come necessario dal punto di vista medico”, scrive la donna nella didascalia del video. Segue la ferocia dell’istinto di vendetta: “Ho la stessa pietà per la sua famiglia di quella che queste aziende hanno avuto per la mia”.
Non è l’unica storia, anzi ne spuntano molte nell’hashtag collegato all’assassinio, dalla ragazza che dice di avere rischiato la vita per una semplice polmonite alle infermiere che raccontano di pazienti a cui sono stati negati i trattamenti, proprio dalle compagnie assicurative.
Gli dedicano canzoni
Per Mangione sono state addirittura composte nuove canzoni («Trarranno profitto dalla malattia del popolo fino a quando il popolo non la farà cessare», recita una) e dedicati vecchi brani come Criminal di Britney Spears («Mamma, sono innamorata di un criminale / E questo tipo di amore non è razionale, è fisico»).
Ma non finisce qui. C’è di peggio, un’isteria collettiva di tale impatto da creare un vero e proprio merchandising. Ci sono persone che pagano per farsi tatuare in caratteri gotici le tre parole incise sui proiettili.
Amazon pubblica già libri a tema. «Robin Hoodie è un eBook scritto in poesie liriche ispirate a un eroe del popolo», viene descritto un volume diffuso online nel giorno dell’arresto di Mangione.
Tazze, magliette, tatuaggi con le tre “D”
«Deny, Defend, Depose: questo slogan riflette le azioni che devono essere intraprese per rompere la presa che il capitalismo ha sulla società», si legge nella prima pagina del testo dedicato al killer di Brian Thompson. «Deny, defend, depose» è anche una tazza, un adesivo per il computer, una spilla e numerose magliette con su incise illustrazioni dell’eroe del popolo.
Viene attaccato su Google Maps un marchio globale, McDonald’s, in particolare il locale nel centro di Altoona, in Pennsylvania, dove è stato arrestato Luigi Mangione. In inglese è chiamato «review bombing», bombardamento di recensioni. Una massa di utenti a dare una sola stella al fast food dove l’eroe del popolo è stato ammanettato. Google è corsa subito ai ripari, dicendo che le recensioni «dovrebbero riflettere la vera esperienza in un negozio». E rimuovendo le recensioni negative che si sono accumulate nelle ore dopo l’arresto.
«Quando tutte le altre forme di comunicazione falliscono, la violenza è necessaria per sopravvivere», aveva scritto Mangione in una recensione del manifesto di Unabomber (conosciuto anche come «La società industriale e il suo futuro»). «I suoi metodi possono non piacervi, ma per vedere le cose dal suo punto di vista, non si tratta di terrorismo, ma di guerra e rivoluzione».
Alla fine, il vero “campo” inquinato da estremismi è il web. Per contrastare il fenomeno, alcune piattaforme hanno deciso di bandire il nome intero del terrorista. Ma trovare i video che glorificano le azioni di Unabomber resta abbastanza facile.