La Legge di Bilancio 2025 ha introdotto un emendamento destinato a generare discussioni accese in Parlamento e nel panorama politico italiano. La norma prevede il divieto per membri del governo, parlamentari, europarlamentari e presidenti di Regione di svolgere incarichi retribuiti per soggetti pubblici o privati con sede legale o operativa al di fuori dell’Unione Europea. Una disposizione che mira a rafforzare la trasparenza e l’indipendenza delle istituzioni italiane, ma che è già stata etichettata come “norma anti-Renzi”, ritenuta da molti un attacco mirato al leader di Italia Viva, Matteo Renzi.
Cosa prevede l’emendamento
La nuova misura impone che i compensi percepiti in violazione del divieto siano restituiti allo Stato entro trenta giorni dall’erogazione, prevedendo anche sanzioni amministrative per chi non ottempera.
Questo rappresenta un passo avanti rispetto a proposte simili avanzate in passato, che non avevano trovato attuazione. L’emendamento è stato infatti presentato dai relatori in Commissione Bilancio della Camera e ha già trovato spazio tra i temi più controversi della manovra finanziaria. La norma sembra essere diretta proprio a Matteo Renzi, che negli ultimi anni ha attirato l’attenzione per i compensi percepiti da incarichi internazionali, in particolare dal regime saudita. Nel 2022, Renzi ha dichiarato redditi superiori a 3,2 milioni di euro, gran parte dei quali derivati da consulenze e conferenze all’estero. Tra questi spicca la collaborazione con il Future Investment Initiative, un think tank collegato all’Arabia Saudita, che gli ha garantito compensi importanti e al contempo scatenato polemiche per la compatibilità con il suo ruolo politico.
Non è la prima volta che proposte simili vengono avanzate per limitare incarichi di questo tipo. In passato, Fratelli d’Italia e il Movimento 5 Stelle avevano sollevato il tema, ma i loro tentativi non avevano trovato applicazione. L’attuale emendamento rappresenta una svolta, stabilendo un divieto netto e senza soglie di compenso.
E i renziani cosa dicono?
Italia Viva ha reagito con durezza, definendo la norma un attacco personale a Matteo Renzi. Il partito ha parlato di “esproprio ad personam”, paragonando la misura alle pratiche tipiche di regimi sovietici. I parlamentari di Italia Viva hanno sottolineato che l’emendamento rischia di minare i principi democratici, colpendo un leader dell’opposizione e restringendo il campo di azione dei politici italiani a livello internazionale.
D’altra parte, i sostenitori della norma la descrivono come un necessario passo per tutelare l’indipendenza delle istituzioni italiane da influenze esterne, soprattutto quando provengono da Paesi al di fuori dell’Unione Europea. Per i promotori, il divieto è uno strumento essenziale per evitare conflitti di interesse e garantire che gli eletti operino esclusivamente per il bene pubblico. ah questo conflitto di interessi.. La norma ha riacceso il dibattito sul conflitto di interessi, un tema ricorrente nella politica italiana. I suoi sostenitori sostengono che limitare i rapporti economici dei rappresentanti istituzionali con entità estere sia fondamentale per preservare l’integrità del sistema democratico. Al contrario, i critici sottolineano che un divieto generalizzato potrebbe rappresentare una limitazione indebita della libertà individuale e una forma di strumentalizzazione politica.
In caso passasse
L’emendamento, se approvato definitivamente, non avrà solo un impatto pratico sulle attività di molti rappresentanti istituzionali, ma potrebbe anche segnare un precedente importante nella regolamentazione dei rapporti tra politica e attività economiche. Al di là delle polemiche immediate, la norma pone domande più ampie sull’equilibrio tra trasparenza, indipendenza politica e libertà personale. Resta da vedere come si evolverà il confronto parlamentare e se questa “norma anti-Renzi” diventerà effettivamente legge o si trasformerà in una chiacchiera da talk show.
(fonte della norma anti Renzi)