C’è un emendamento che è stato proposto nella Legge Finanziaria che rischia di essere un’arma a doppio taglio. L’intenzione dichiarata è colpire i furbetti della Naspi (Nuova Assicurazione Sociale per l’Impiego). Però ad alcuni suona come una stretta bella e buona sul sussidio di disoccupazione.
Se sarà approvata, la norma prevede che, dal 1° gennaio 2025, i lavoratori che hanno dato dimissioni volontarie da un lavoro a tempo indeterminato nei 12 mesi precedenti avranno diritto alla Naspi, in caso di licenziamento da un nuovo impiego, solo se hanno almeno 13 settimane di contribuzione dal nuovo impiego.
La ministra del Lavoro Marina Calderone appoggia l’iniziativa, a suo avviso di «finalità anti-elusiva. Attiene alla situazione in cui c’è un’interruzione di un rapporto di lavoro a seguito di dimissioni volontarie e c’è l’instaurazione di un altro rapporto di brevissima durata, che si conclude con un licenziamento. Non è certamente un riconoscimento della Naspi a seguito di dimissioni volontarie. Quello sarebbe un aspetto diverso».
Con le regole in vigore finora, si sarebbe secondo il governo espanso il suddetto fenomeno dei furbetti della Naspi, traducibile in dimissioni e rioccupazioni molto spesso di breve durata o intermittenti, per ottenere la Naspi o evitare alle aziende di pagare il ticket di licenziamento.
La nuova regola sarebbe stata immaginata per non far arrivare la disoccupazione a chi, al posto di dimettersi, si fa licenziare non presentandosi sul posto di lavoro. Assenze ingiustificate che al 17esimo giorno portano alla lettera di licenziamento. In questo caso, diverso dalle dimissioni volontarie, prima si poteva fare domanda di Naspi. Ora no. A meno che non ci si faccia riassumere per poi essere licenziati.
Dimissioni “fasulle”
Certi esperti del settore sospettano che la norma penalizzerà tutti, rendendo più difficile ottenere il sussidio. Il nodo che i relatori vorrebbero sciogliere sono le dimissioni spacciate come involontarie.
Per aggirare il fatto che con le dimissioni volontarie non si poteva richiedere la Naspi, i dipendenti andavano in pressing sui datori di lavoro per essere licenziati e ricevere l’indennità. L’azienda, in quest’ultimo caso, doveva anche versare all’Inps il ticket di disoccupazione, che può arrivare fino a 2mila euro.
Il dubbio
Se il datore diceva di no, i dipendenti si assentavano in maniera ingiustificata e dopo 16 giorni scattava il licenziamento disciplinare, che permetteva di avere il sussidio. Il governo intende bloccare a questa pratica. Ma permane il dubbio di un possibile escamotage, la riassunzione con successivo licenziamento lampo.