Il Consiglio europeo è stato preceduto da una riunione sull’immigrazione convocata da Italia, Olanda e Danimarca. Vi hanno partecipato Polonia, Grecia, Cipro, Ungheria, Svezia, Malta, Repubblica Ceca e la presidente della Commissione Ursula von der Leyen. La premier Meloni ha sostenuto «la rapida presentazione e finalizzazione della nuova proposta legislativa».
Gli Stati membri sentono l’urgenza di una revisione della direttiva sui rimpatri promessa dalla presidente von der Leyen all’inizio del 2025, prima del vertice Ue del 20 marzo, e della nuova definizione di Paese d’origine sicuro e Paese terzo sicuro. Per ora viene applicata la definizione contenuta nella direttiva del 2013.
Presupposti di legittimità
Su questa definizione si dibatte molto in Italia. La Corte di Cassazione ha di recente stabilito che il giudice ordinario non può annullare il decreto ministeriale sul regime differenziato per le domande di asilo da Paesi sicuri: in caso di ricorso «può valutare la sussistenza dei presupposti di legittimità» per la designazione dei Paesi sicuri ed eventualmente «disapplicarla». Questo «allorché la designazione operata dall’autorità governativa contrasti in modo manifesto con i criteri di qualificazione stabiliti dalla normativa europea o nazionale». La sentenza non si riferisce al Dl Paesi sicuri dell’ottobre scorso, ora in vigore, ma allo stato normativo antecedente.
I temi affrontati nel summit sono stati la legislazione sui rimpatri, la definizione di Paesi sicuri e la strumentalizzazione della migrazione da parte di Russia e Bielorussia.
Opportunità storica
Diversi Paesi esprimono l’urgenza di rivedere il concetto di Paese terzo sicuro e di Paese sicuro di origine. I leader Ue, nel corso della cena, si sono poi confrontati sulla Siria. La caduta di Assad è «un’opportunità storica di riunire e ricostruire il Paese».
Laconica la conclusione del cancelliere Olaf Scholz: «È necessario il pragmatismo e noi daremo certamente il nostro contributo».