Felicemente sposato con Mara Venier, Nicola Carraro concede rarissimamente interviste, sia perché preferisce che a brillare sia la moglie, sia per la sua riservatezza. Suo nonno Angelo Rizzoli è stato un gigante dell’imprenditoria italiana. Intervistato da Aldo Cazzullo, firma d’eccellenza del Corriere della Sera, traccia un ricordo affettuoso del “cumenda”, come veniva chiamato Rizzoli sr.
Cresciuto in orfanotrofio
«Noi nipoti non lo chiamavamo nonno», precisa Carraro, «ma commenda. Non cumenda; commenda. Non era tipo da smancerie. Niente baci, abbracci, vizi. Era un uomo dell’Ottocento: uno che metteva in soggezione. Ed era cresciuto in orfanotrofio. Il padre, tipografo, era morto suicida quando lui aveva due anni. Andava a scuola in via della Spiga, con i ricchi, e si sentiva fuori posto. Era a suo agio solo tra i poveri, tra i Martinitt. Il padre non gli aveva lasciato una lira, aveva due sorelle di cui una malata».
Scalata la montagna della sua giovinezza, Angelo Rizzoli fu contagiato dalla passione per il gioco d’azzardo: «Ma spesso vinceva. Giocava su tre o quattro tavoli, però delle vincite non gli importava nulla; lo faceva per sfidare la fortuna. Ci ammoniva: ricordatevi che il treno della fortuna passa una o due volte della vita; vi conviene stare svegli, perché se passa alle 4 del mattino e stai dormendo, non lo prendi. E per dimostrarcelo ci sfidava alle carte». Chi vinceva?«Sempre lui. E si faceva pagare. Anche se eravamo i suoi nipoti. Lo accompagnavo all’ippodromo, anche lì accolto dal brusio: c’è Rizzoli… puntava sui cavalli, e di rado si sbagliava».
Don Camillo e Peppone
Tra i suoi molteplici interessi c’era il cinema, fu lui a credere in Don Camillo e Peppone, grandissimo successo degli Anni Cinquanta: «Il nonno era amico di Guareschi dai tempi del Candido. Aveva un fiuto straordinario per i talenti. Sapeva riconoscere i giornalisti di valore e li adorava. Spesso avevamo ospite Indro Montanelli, meraviglioso affabulatore».
La gaffe con la regina
E Oriana Fallaci?«La stimava moltissimo, a volte andavano al casinò insieme. Ma con i grandi giornalisti era lui a essere in soggezione. Non ricordava i nomi, a volte li storpiava, quasi per vezzo: “Quel Tolstoj di un Dostojevski…”. Si raccontava che, dovendosi rivolgere alla regina Elisabetta, avesse detto “Your troyal Highness”. Non aveva studiato, aveva frequentato l’università della rotativa, e in fondo era rimasto un tipografo. Non leggeva i libri che pubblicava e a volte neppure i giornali; ma li capiva, li sentiva, e li faceva fruttare. Seguendo tutto il ciclo: stampa, pubblicità, distribuzione».
Aveva successo con le donne:«A Ischia, un’isola che è stata reinventata da lui, dalle terme agli hotel di lusso all’ospedale, era sempre circondato da attrici. Ma i suoi veri amori sono stati soltanto due. Graziella Granata, per cui non a caso una particina nei film si trovava sempre. E Myriam Bru».