C’erano una volta le tre “I” di Silvio Berlusconi: Internet, Inglese, Impresa. Per il Cavaliere avrebbero dovuto essere i pilastri dell’educazione scolastica, centrali per formare gli studenti nella prospettiva dell’inserimento nel mondo del lavoro. Giuseppe Valditara, avallato da un’eruditissima commissione, cambia rotta nel culto del latino e della Bibbia.
«Abbiamo disegnato il cammino di bambini e adolescenti dai 3 ai 14 anni», illustra il ministro dell’Istruzione. «Insomma, il percorso dall’infanzia alle medie. Ma stiamo lavorando anche per le superiori. E introduciamo molte innovazioni».
Con la sua riforma il latino smette di essere materia extracurricolare; resterà a scelta delle famiglie ma diventerà curricolare, con un’ora a settimana dalla seconda media. Le ragioni di Valditara sono: «Aprire le porte a un vasto patrimonio di civiltà e tradizioni; rafforzare la consapevolezza della relazione che lega la lingua italiana a quella latina; e poi c’è il tema, importantissimo, dell’eredità».
Si chiude con la geostoria
Il ministro incoraggia la musica, fin da bambini, lo studio a memoria delle poesie come per le generazioni passate e l’addio alla geostoria (studio delle caratteristiche di un territorio e della loro evoluzione in rapporto alla storia delle popolazioni che vi sono vissute, ndr). Gli scolari avranno come focus i popoli italici, le radici delle civiltà occidentali e in particolare le vicende dell’Antica Grecia e di Roma, i primi secoli del Cristianesimo, il Rinascimento, il processo di unificazione nazionale e la storia contemporanea dell’Europa e dell’Occidente.
In geografia, si dovrà approfondire il nostro Paese e associare lo studio della materia alle tematiche ambientali. Alle elementari, più letteratura per imparare a leggere e scrivere meglio con Saba, Govoni, Pascoli, Gozzano e Penna.
L’enigma Haiku
Valditara scommette persino sugli Haiku. Trattasi di componimenti poetici nati in Giappone che devono rispettare una regola ferrea: tre versi, il primo verso di cinque sillabe, il secondo di sette e il terzo ancora di cinque. Roba da far tremare i polsi a un insigne letterato. Chi formerà i docenti a insegnare questo genere di lirismo? Ah, saperlo.
Alle medie restano i classici come Omero, Verne e Stevenson, si aggiungono la saga di Percy Jackson, le graphic novel, i film e Stephen King.
A studiare le linee guida della riforma è stata una commissione guidata da Loredana Perla, professoressa di Didattica e Pedagogia speciale all’Università di Bari, alla quale è stato affidato il coordinamento scientifico, affiancata da Ernesto Galli della Loggia, Francesco Emmanuele Magni, consulente del ministro, Laura Sara Agrati, pedagogista dell’Università telematica Pegaso, Paolo Calidoni, ex professore a Parma, Giuseppe Cappuccio, ordinario di Pedagogia sperimentale a Palermo, Massimiliano Costa, ordinario di Pedagogia Sperimentale a Ca’ Foscari, Evelina Scaglia, associato di Pedagogia a Bergamo, Alessia Scarnisci, ordinario di Pedagogia dell’Universitas Mercatorum, Viviana Vinci dell’università di Foggia.
Spazio al confronto
Conclusi i lavori della commissione, ci sarà spazio a un confronto «aperto a tutto il mondo della scuola, ai corpi intermedi, alle associazioni disciplinari», anticipa il ministro. «A fine marzo dovremmo essere pronti con gli ultimi ritocchi perché le novità entrino in classe con l’anno scolastico 2026-27». C’è qualcuno che avanza sospetti di una scuola sovranista: «Ma no, niente slogan facili. Vogliamo una scuola seria. Prendiamo il meglio del passato per guardare al futuro».
Valditara approfondisce i motivi del no alla geostoria: «La storia diventa la scienza degli uomini nel tempo. L’idea è di sviluppare questa disciplina come una grande narrazione, senza caricarla di sovrastrutture ideologiche, privilegiando inoltre la storia d’Italia, dell’Europa, dell’Occidente. Di più, nella scuola primaria l’insegnamento verterà anche sullo studio del nostro patrimonio storico. Negli ultimi due anni, in particolare l’attenzione si concentrerà sui popoli italici, le origini e le vicende dell’antica Grecia e di Roma, le loro civiltà, i primi secoli del Cristianesimo».
Filastrocche e scioglilingua
Valditara scommette sulle poesie a memoria fin dalla tenera età: «Con cose più semplici, all’inizio, come filastrocche e scioglilingua». Alle elementari «i primi accenni di epica classica, mitologia greca e orientale ma anche saghe nordiche». E la lettura della Bibbia «per rafforzare le conoscenze delle radici della cultura italiana».
Elly Schlein è contraria: «Una visione fuori dal tempo, l’elogio di un passato che non può tornare. Nulla si fa sui problemi veri, sul caos precariato, sull’infrazione europea per l’abuso dei contratti a tempo determinato, sull’inutile liceo del Made in Italy».
Anche per Elisabetta Piccolotti di Avs, «invece di cercare risorse economiche per migliorare le attività educative, ridurre il numero di alunni per classe e alzare gli stipendi degli insegnanti, Valditara preferisce lanciare idee estemporanee e ideologiche come poesie imparate a memoria, latino alle medie e revisione in salsa sovranista dei programmi di storia: annunci in libertà che servono solo a distogliere l’attenzione dai danni che sta producendo».
«Accecato dalla furia ideologica con cui vaneggia di una didattica del nazionalismo Valditara non si accorge che le famiglie, gli studenti e il personale scolastico hanno bisogni e ambizioni del tutto diverse dalle sue. Si fermi e torni nella realtà».
Voci autorevoli e favorevoli
Giampaolo Azzoni, ordinario di filosofia del diritto e prorettore dell’università di Pavia, è favorevole alla riforma: «Userei due aggettivi per qualificare le modifiche ai programmi proposte dal ministro Valditara: importanti e urgenti».
Andrea Giardina, professore di storia romana presso la Scuola Normale Superiore di Pisa, accademico dei Lincei e già presidente della Giunta Centrale per gli Studi Storici, è ancora più convinto: «Il rafforzamento dello studio della storia non può che far bene alla formazione degli studenti; apprezzabile anche una periodizzazione che appare più interessante».
L’Unione degli studenti fa muro con Tommaso Martelli. Lo studio della Bibbia è «una chiara scelta politica in linea con le idee reazionarie e conservatrici del governo». L’abolizione della geostoria rappresenta «non solo un tornare indietro ma anche una scelta che prende la direzione di una scuola estremamente nazionalistica e contraria a una apertura che soprattutto in questa fase storica sarebbe necessaria».