Si è preso con calma il suo tempo, ma alla fine il belluino Bibi ha riconosciuto quel che più o meno tutti avevano già colto: «La tregua è temporanea». Scoprendo l’acqua calda, perché il concetto di transitorietà è insito nel significato di “cessate il fuoco”.
Netanyahu si fa forte sostenendo che sia Biden sia Trump gli abbiano lasciato mani libere per far saltare l’accordo al primo possibile casus belli; tuttavia, il presidente eletto lo ha avvisato di «continuare a fare quello che deve fare: tutto questo deve finire presto. Vogliamo che finisca presto».
Il primo appiglio cui si è aggrappato il premier israeliano per incrinare l’accordo arriva la sera del 18 gennaio: «Hamas non ci ha fornito la lista dei tre ostaggi da rilasciare, deve arrivare al più presto o l’accordo salta». Ricordando che «l’obiettivo del conflitto è impedire ad Hamas di rappresentare una minaccia per Israele, assieme alla sacra missione di riportare a casa tutti gli ostaggi».
L’ora stabilita per il cessate il fuoco è le 8.30 locali (9.30 in Italia, quella per lo scambio tra sequestrati e detenuti palestinesi le 4 del pomeriggio (17 ora di Roma). I terroristi ne tengono ancora 97; nell’arco di 42 giorni ne saranno liberati 33 in totale, di loro l’intelligence è convinta che 25 siano in vita. Sono donne, bambini (i due fratellini Bibas che Hamas ha dichiarato morti con la madre), anziani e casi umanitari. In questa prima fase saranno liberati quasi 1.900 palestinesi.
Come ampiamente previsto, Bibi ha dovuto piegarsi alle dimissioni dal governo dei tre membri di Potere Ebraico, il ministro per il Negev e la Galilea Yitzhak Wasserkauf, quello per il Patrimonio Amihai Eliyahu e il leader del partito, l’ultranazionalista Itamar Ben-Gvir, ministro per la Sicurezza, che denuncia: «Purché restassi, Netanyahu mi aveva offerto di cacciare il capo di Stato maggiore Herzi Halevi».
Non lascia invece la coalizione, a sorpresa, l’altro leader dei coloni Bezalel Smotrich, che era parso il più irriducibile: «Il premier mi ha promesso che manterremo il pieno controllo su Gaza. È distrutta, inabitabile, non entreranno aiuti umanitari». Però gli egiziani, tra i mediatori dell’intesa, assicurano che a Gaza siano in arrivo 600 camion con cibo e carburante.
L’esercito dell’Idf resta ancora dispiegato nel corridoio Filadelfia sul confine con l’Egitto, che ha cominciato la ricostruzione del valico per riprenderne il controllo: è da questo passaggio che dovrebbero affluire i feriti palestinesi. Intanto, gli Houthi dallo Yemen hanno lanciato due missili contro Eilat e Tel Aviv, dove un palestinese entrato dalla Cisgiordania ha ferito a coltellate un passante ed è stato ucciso.