Sette giorni in meno. È questo lo “sconto” concesso dalla Corte d’assise d’appello di Torino all’ex sindaca Chiara Appendino e all’ex capo di gabinetto Paolo Giordana, riducendo la loro condanna a un anno, cinque mesi e 23 giorni.
La vicenda è quella tragica del 3 giugno 2017, quando, durante la proiezione della finale di Champions League Juventus-Real Madrid in piazza San Carlo, una banda di adolescenti scatenò il panico con spray al peperoncino, causando la morte di due donne – Erika Pioletti e Marisa Amato – e il ferimento di oltre 1.600 persone, molte delle quali rimaste vittime dei cocci di vetro disseminati ovunque.
Lunedì 20 gennaio, nell’aula 7 del Palazzo di Giustizia, si è consumato l’ultimo atto di una vicenda giudiziaria lunga otto anni, scandita da centinaia di udienze e sentenze non sempre coerenti. La Cassazione, nel luglio scorso, aveva già confermato la responsabilità penale di Appendino e Giordana – accusati di disastro, omicidio e lesioni in cooperazione colposa – ma aveva rinviato il caso per ricalcolare la pena alla luce della remissione di querela da parte di alcuni tifosi feriti.
La colpa attribuita all’ex sindaca, oggi parlamentare del Movimento Cinque Stelle, riguarda la decisione di organizzare l’evento solo pochi giorni prima e senza adeguate valutazioni sulla sicurezza, oltre alla mancata ordinanza anti-vetro, considerata cruciale nella catena degli eventi che portarono al ferimento di centinaia di spettatori.
Nonostante il sostituto procuratore generale Nicoletta Quaglino avesse chiesto una riduzione a un anno e quattro mesi, la Corte si è limitata a un taglio di sette giorni. La difesa, che aveva sperato in una pena sotto l’anno da convertire in una sanzione pecuniaria, è rimasta insoddisfatta.
Diverso, invece, l’esito per Maurizio Montagnese, ex presidente di Turismo Torino. Accusato di aver accettato l’organizzazione dell’evento pur consapevole della mancanza di risorse e competenze, è stato assolto. «Sono stati otto anni difficilissimi, ma ho sempre avuto la coscienza pulita», ha dichiarato il manager in pensione, dedicando un pensiero alle vittime e ai loro familiari.
Una sentenza che chiude un capitolo giudiziario ma lascia intatta la gravità di una tragedia che avrebbe potuto – e dovuto – essere evitata.