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Ancona, donna ripudiata dal marito bengalese col Talak: Corte d’Appello cancella atto di trascrizione divorzio del Comune

Donne islamiche in un parco giochi - Fonte: Ipa - Dillingernews.it

Ad Ancona la Corte d’Appello ha emesso una sentenza che fa riflettere sui concetti di inclusione e di compatibilità tra leggi islamiche e italiane. I magistrati hanno ordinato la cancellazione di un provvedimento del Comune, dove si trascriveva l’atto di divorzio chiesto da un cittadino bengalese dalla moglie 36enne.

«Il ripudio appare discriminatorio nei confronti della donna», decidono i giudici «dato che solo il marito è abilitato a liberarsi dal vincolo matrimoniale con il talaq». La Sharīa, il diritto sacro dell’Islam, concede ancora in alcuni Paesi il divorzio con la formula del talaq (in arabo «ti ripudio»). Se pronunciato o scritto per tre volte, a distanza di tre mesi, il marito ottiene la separazione immediata dalla moglie. 

Sul documento, le accuse dell’uomo deciso a troncare: «Mia moglie non mi ha trattato da marito e non mi ha dato il pieno rispetto che di solito si dà. Ha commesso adulterio, è stata insubordinata… E ha preferito vivere la sua vita senza prendersi cura di me… Così, pensando alla mia vita futura, ho risolto la questione nel modo islamico, divorziando da lei pronunciando la triplice formula del ripudio per il divorzio irrevocabile».

La donna, che ha due figli adolescenti, si è rivolta agli avvocati Andrea Nobili e Bernardo Becci e ha avviato una causa al marito, comprendendo l’accusa di maltrattamenti. «Nei miei confronti è scattato il programma di protezione e sono stata collocata in una struttura dove vivo tutt’ora con i miei ragazzi. Ho preso la patente, la cittadinanza italiana e sto cercando un lavoro che mi consenta di fare dei turni compatibili con gli orari in cui sono obbligata a ritornare nella casa protetta che mi sta ospitando. Vorrei fare la sarta».

I tre mesi del Talak non sono a caso: corrispondono alla idda, il periodo intermestruale, per accertarsi che la moglie non sia rimasta incinta. Può pronunciare il talaq solo il marito. Nessun diritto per la moglie. Secondo i giudici della Corte di Appello, il divorzio annotato dal Comune di Ancona è «contrario alle norme e ai principi della Costituzione italiana nonché privo di ogni disposizione a tutela della prole e del diritto al mantenimento». 

«Il provvedimento di scioglimento del matrimonio risulta incompatibile con tali principi. L’istituto del ripudio appare discriminatorio nei confronti della donna, posto che solo il marito è abilitato a liberarsi dal vincolo matrimoniale con la formula del talaq».

Inoltre, «il provvedimento di ripudio annotato dal Comune di Ancona non contiene alcuna disposizione in merito alla tutela dei figli minori». Ci sarebbe l’obbligo al mantenimento della prole: «Ci dà 100 euro e non tutti i mesi», si sfoga la donna ripudiata.

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