Donald Trump ha scosso la platea della Casa Bianca con una dichiarazione che ha lasciato tutti senza parole: trasformare Gaza in una “Riviera del Medio Oriente”, con gli Stati Uniti a guidare la ricostruzione e a prendere il controllo a lungo termine del territorio.
«Ci vivrà la gente del mondo, penso che si possa trasformare in un posto internazionale, un posto incredibile», ha dichiarato il presidente americano, mentre il premier israeliano Netanyahu, al suo fianco, lo guardava compiaciuto: «Vedi cose che gli altri rifiutano di vedere».
Ma è un vero piano o solo un bluff? La proposta di Trump include la creazione di nuove città per i palestinesi altrove, un concetto che ha immediatamente sollevato l’accusa di pulizia etnica da parte di organizzazioni per i diritti umani e ha spaccato la politica americana.
“Problematic”
Se alcuni repubblicani, come Nancy Mace, hanno esultato – «Trasformiamo Gaza in Mar-a-Lago!» – altri, come il senatore Lindsey Graham, hanno definito l’idea «problematic» e preoccupante, soprattutto per l’ipotesi di un intervento militare USA nella Striscia.
Due le letture principali dietro questa mossa. Da un lato, potrebbe essere una strategia negoziale per forzare i Paesi arabi a prendere posizione e spingere Netanyahu e l’estrema destra israeliana verso il cessate il fuoco. Dall’altro, potrebbe essere un piano più concreto, frutto di lunghe discussioni tra Trump, il genero Jared Kushner e il suo inviato per il Medio Oriente, Steve Witkoff.
A spegnere (parzialmente) il fuoco delle polemiche ci ha provato la portavoce della Casa Bianca Karoline Leavitt, sottolineando che il presidente non ha ancora deciso sull’invio di truppe e che «il fatto di non escludere nulla è una leva negoziale».
Nessun fondo americano sarà destinato alla ricostruzione di Gaza, ha aggiunto, chiarendo che l’idea è di ospitare temporaneamente i rifugiati nei Paesi arabi fino a quando il territorio non sarà trasformato in una “zona di pace” nel giro di 10-15 anni.
Reazioni durissime
Intanto, la risposta del mondo arabo è stata durissima: Riad ha respinto in modo inequivocabile il piano, mentre l’Egitto ha ribadito che gli aiuti devono avvenire senza spostamenti forzati della popolazione. Nei prossimi giorni, il re di Giordania Abdallah e il presidente egiziano Al-Sisi voleranno a Washington per chiarire la loro posizione.
E, tra le polemiche, c’è un dettaglio che in pochi hanno notato: Trump ha aperto al dialogo con l’Iran, dichiarando di volere un nuovo accordo sul nucleare. Gli ayatollah restano in attesa di un segnale.