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Putin, Trump e la pace a modo suo: la Russia scriverà il trattato?

Il presidente russo Vladimir Putin, 71 anni - Fonte: Ipa - DIllingernews.it

Sarà la pace di Putin. Non quella imposta dall’Occidente, né quella concordata a più voci. Sarà il Cremlino a dettare le condizioni, forte di una narrazione che, dopo anni di isolamento, sta virando in suo favore.

Due settimane fa, quando le trattative sono entrate nel vivo, il presidente russo ha lanciato il suo messaggio, con quella tipica finta casualità: dichiarazioni televisive rilasciate da un’auto, un’aria di studiata nonchalance.

Un’operazione mediatica che ha ricordato l’uso spregiudicato dei social di Donald Trump, con una differenza sostanziale: Putin ha sempre ammesso di non saper nemmeno usare un computer. Eppure, la sua frase sulle elezioni rubate del 2020 all’ex presidente americano è stata interpretata come un inchino al ritorno di Trump alla Casa Bianca.

Ma non tutti ci hanno visto la stessa lettura. Oleg Deripaska, l’oligarca inizialmente contrario alla guerra ma poi rientrato nei ranghi, e Mikhail Rostovsky, editorialista del Moskovskij Komsomolets vicino al Cremlino, hanno dato una chiave di lettura diversa.

Per loro, quello di Putin era l’equivalente del famoso messaggio radio di Nikita Kruscev a John F. Kennedy durante la crisi dei missili di Cuba. Un momento che, nella storiografia russa, è considerato un apice della potenza sovietica: il riconoscimento di uno status paritario tra Mosca e Washington.

E ora? Il quotidiano Izvestia titola a grandi lettere: “Faccia a faccia”, con le sagome di Putin e Trump in primo piano, fianco a fianco, alla pari. È già una vittoria per il Cremlino: il leader russo ha ottenuto ciò che voleva più di tutto. Non un negoziato, ma un simbolico riequilibrio delle forze.

Una vittoria diplomatica prima ancora che militare?

La vera svolta non è l’apertura di un negoziato, ma il fatto che sia la Russia – l’aggressore, secondo la narrazione occidentale – a poter scrivere un trattato di pace. Un ribaltamento dell’immagine che la Russia ha avuto in questi anni. Non si parla più di confini, di Donbass o di Kursk. Quelle sono questioni secondarie, verranno dopo. Il primo obiettivo è stato raggiunto: il Cremlino detta l’agenda.

Un momento che entrerà nella storia della politica e della diplomazia internazionale”, afferma Aleksey Pushkov, senatore ed ex volto noto della televisione russa. “L’UE e l’Ucraina sono terrorizzate dai contatti tra i due leader. Non è ancora un punto di svolta, ma è il primo passo nella direzione giusta”.

Andrei Gurulev, membro della commissione Difesa della Duma, è ancora più esplicito: “Siamo all’inizio della creazione di un nuovo ordine mondiale. Prima di tutto, dobbiamo affrontare la questione di quel che rimarrà dell’Ucraina. I veri negoziatori sono solo due: noi e gli Stati Uniti. Una terza parte non è necessaria”.

Molti analisti russi vedono il silenzio su Michael Kellogg, inviato speciale per l’Ucraina, come un segnale. Il generale 80enne, dicono, era troppo incline a fare concessioni a Bruxelles e Kiev. E Trump, con la sua mossa, lo ha messo ai margini.

Zelensky messo in secondo piano

Un altro dettaglio non è sfuggito alla propaganda russa: Volodymyr Zelensky ha più volte chiesto a Trump di parlargli prima di contattare Putin. Ma il presidente americano ha fatto l’opposto. È un altro segnale, un altro colpo al leader ucraino, già in difficoltà.

Putin, intanto, continua a giocare la sua partita. Per lui, l’Ucraina è sempre stata parte di un gioco più grande, un tasto dolente su cui non intende cedere. Troppi morti, troppi rischi. Ma una cosa è certa: il Cremlino è pronto a ripartire dalla bozza di trattato che la Russia aveva inviato a Washington nel novembre 2021, prima che tutto esplodesse.

All’epoca, si tentava di evitare l’invasione. Ora, invece, si tratta di decidere a quali condizioni farla finire. Ma a scriverle, questa volta, potrebbe essere proprio Mosca.

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