I prossimi dodici mesi saranno quelli della verità per Chiara Ferragni e il suo gruppo. Il punto di non ritorno è vicino: o si trova un modo per rimettere in piedi le sue aziende o l’impero dell’influencer rischia di implodere. Il Corriere della Sera, citando fonti vicine ai soci, descrive il clima di alta tensione in vista dell’assemblea del 10 marzo di Fenice, la società che controlla i marchi legati alla Ferragni. Il disastro del Pandoro-gate e tutto ciò che ne è seguito – dal crollo della reputazione all’inchiesta della procura di Milano – hanno affossato i conti e ora i soci devono decidere se mettere nuovamente mano al portafoglio per tentare un rilancio o se voltare pagina. Ma non tutti sembrano convinti.
Bilanci al collasso per la Ferragni
I numeri parlano chiaro e sono impietosi. Nel 2022, prima che scoppiasse il caso Balocco, Fenice fatturava circa 14 milioni di euro. Nel 2024, i ricavi sono crollati a 2 milioni. Il patrimonio è stato praticamente azzerato da perdite per 10 milioni di euro, mentre il bilancio 2023 – che verrà finalmente approvato con mesi di ritardo – segna ricavi per 12 milioni, già fortemente condizionati dal danno d’immagine legato alla vicenda natalizia dello scorso anno. Il bilancio 2024, però, sarà ancora peggiore e l’azienda dovrà decidere se ricapitalizzare o se avviarsi verso un’inevitabile discesa.
La ricapitalizzazione, che sarà discussa in un’assemblea straordinaria, è l’unico modo per garantire la continuità aziendale. Chiara Ferragni detiene il 32,5% delle quote, Paolo Barletta il 40% e Pasquale Morgese il 27,5%. Ferragni e Barletta, insieme, avrebbero i numeri per procedere, ma Morgese sembra pronto a dare battaglia e potrebbe persino impugnare il bilancio, mettendo i bastoni tra le ruote alla strategia di rilancio.
Tagli e ridimensionamenti: l’ultima mossa per salvare il salvabile
Nel tentativo di salvare il salvabile, l’amministratore unico Claudio Calabi ha già operato una drastica sforbiciata ai costi. I dipendenti sono stati dimezzati, passando da sedici a otto persone. Le spese operative sono state ridotte all’osso, scendendo a circa un milione di euro per il 2025. Inoltre, gli uffici costosi sono stati abbandonati e Fenice si è trasferita nella sede della holding di famiglia, Sisterhood, per tagliare ulteriormente le spese.
Ma basterà? La vera sfida non è solo contenere i costi, ma trovare una strada per il rilancio. E su questo punto le visioni sono discordanti.
C’è ancora futuro per il brand Chiara Ferragni?
L’imprenditore Pasquale Morgese è il più scettico. Il Corriere della Sera riporta che, secondo fonti a lui vicine, “non si vedono prospettive per Fenice”, soprattutto perché la sua unica risorsa – il brand di Chiara Ferragni – non è più attraente per i grandi marchi della moda, che un tempo facevano a gara per collaborare con lei.
Altri soci, però, non la vedono così nera. Per loro, il rilancio è possibile, ma bisogna cambiare strategia. Make-up, gioielli, pelletteria sono i settori su cui puntare, magari lasciando l’Italia e guardando di più all’estero, dove il danno d’immagine subito potrebbe essere meno pesante.
La grande incognita, però, è che al momento un piano industriale concreto non esiste. Il primo obiettivo è sopravvivere ai prossimi dodici mesi, poi si penserà al resto. Ma con conti così disastrati e un’immagine ancora da ricostruire, l’impresa è tutt’altro che scontata.