L’omicidio di Chiara Poggi potrebbe avere ancora pagine da scrivere. Dopo 18 anni e una condanna definitiva per Alberto Stasi, la Procura di Pavia ha riaperto il caso e messo sotto indagine Andrea Sempio, amico del fratello della vittima. Ma ora c’è un elemento in più: un secondo Dna sulla scena del crimine. E non è di Stasi. La traccia è stata trovata sui margini ungueali di Chiara. Potrebbe essere il segno lasciato da un’altra persona sulla scena del delitto. Oppure una contaminazione. Fatto sta che il Dna principale isolato è compatibile con Sempio, che oggi dovrà sottoporsi al test salivare per il confronto con il campione del 2007. Un’analisi che potrebbe riscrivere la storia del delitto di Garlasco.
Il Dna, le impronte e lo scontrino sospetto
Oltre al Dna, ci sono altri dettagli che riaprono la discussione. L’impronta della scarpa numero 42, che all’epoca aveva incastrato Stasi, ora potrebbe non corrispondere più alle sue Frau. Secondo una nuova consulenza, le distanze tra i pallini dell’impronta rilevata con il Luminol potrebbero essere compatibili anche con altre taglie di scarpe.
E poi c’è lo scontrino del parcheggio di Vigevano. Sempio lo ha conservato per un anno in una cartellina trasparente. Perché? Su consiglio della madre. Un dettaglio che agli inquirenti suona come una precauzione strana.
Nel frattempo, il fratello di Chiara, Marco Poggi, è stato sentito dalla Procura e presto toccherà alle cugine, le gemelle Paola e Stefania Cappa. Gli investigatori stanno riesaminando anche le impronte sul dispenser del sapone nel bagno di casa Poggi, che erano state un elemento chiave per la condanna di Stasi.
Il giudice che assolse Stasi: “Mancava qualcosa che lo incastrasse”
L’ex giudice Stefano Vitelli, che in primo grado assolse Stasi, oggi rompe il silenzio e al Corriere della Sera dice: “Su Stasi c’era qualcosa che puzzava, detto con orribile termine da film poliziesco, ma sembrava mancare qualcosa che lo incastrasse davvero”.
E ancora: “Con gli elementi che avevo, era sacrosanto assolvere Stasi. Il nostro deve essere un lavoro laico. E poi, c’era il movente: nell’ambito di un quadro incerto, il movente sarebbe stato un elemento importante. E qui, il movente, non c’era”.
Andrea Sempio: l’ombra del sospetto e la fuga dal presente
Oggi Sempio dovrebbe sottoporsi al prelievo del Dna. Ma sta male. Da giorni è sparito da casa sua a Voghera, non si presenta più al lavoro nel centro commerciale di Casteggio. “La cosa più violenta che ho subito? L’invasione della privacy, gli insulti e le minacce arrivate da persone che vedono i servizi in tv”, ha detto alle telecamere di Quarto Grado.
A pesare su di lui anche le tre telefonate a casa Poggi nei giorni prima dell’omicidio, quando Marco era già in vacanza. “Ho chiamato per sbaglio, avevo salvato entrambi i numeri”, si è giustificato. Ma secondo gli investigatori, il cellulare di Sempio ha chiamato casa Poggi cinque volte nei mesi precedenti al delitto, due proprio mentre l’amico era già partito.
E c’è chi a Voghera inizia a parlare. Alcuni colleghi lo difendono, altri sollevano dubbi: “Ha uno sguardo inquietante. Gentilissimo, per carità, ma certe volte ti fissa a lungo e poi distoglie”, racconta una commessa del centro commerciale. “Alla colpevolezza di Stasi io non ho mai creduto”, aggiunge un’altra.
Garlasco, il racconto del 2017: un alibi che regge?
Quando fu interrogato nel 2017, Sempio raccontò il suo legame con Marco Poggi: “Andavo spesso a casa sua a giocare, Chiara la vedevo ogni tanto ma non ci frequentavamo”. Aveva usato il computer di Chiara per giocare ai videogiochi e l’ultima volta che era stato in casa loro risaliva a pochi giorni prima dell’omicidio.
Dichiarò di portare già il 44 di piede a 19 anni, dettaglio che ora assume un peso importante viste le nuove perizie sulle impronte. Il giorno del delitto, il suo alibi fu questo: “Sono andato a Vigevano, volevo passare alla Feltrinelli ma era chiusa, ho fatto un giro in Piazza Ducale e poi sono tornato a Garlasco”.
Nel 2017 disse di aver scoperto di essere indagato guardando il Tg1. E aggiunse: “Quando sei lì dentro, c’è poco da fare: o muori o lotti”.
Un fascicolo che può cambiare tutto
La Procura di Pavia ha iscritto Sempio nel registro degli indagati per omicidio in concorso con Stasi o con altri soggetti ignoti. Il secondo Dna ritrovato sulla scena è il grande punto interrogativo che può ribaltare tutto.
Intanto, c’è chi a Voghera lo difende e chi lo guarda con sospetto. E c’è un uomo, Alberto Stasi, che da dieci anni sta scontando una condanna a 16 anni, ma che potrebbe vedere ora uno spiraglio per la revisione del processo.