La tregua è durata 59 giorni. Poi Benjamin Netanyahu ha deciso di mettere la pistola sul tavolo e ha dato il via a un’escalation militare che ha spazzato via ogni negoziato. Nella notte tra lunedì e martedì, mentre Gaza dormiva, caccia e navi israeliane hanno colpito con decine di raid simultanei, scatenando un’ondata di distruzione senza precedenti negli ultimi mesi. L’Unicef parla di oltre 400 morti, tra cui 130 bambini, e più di mille feriti.
Netanyahu ha rivendicato l’operazione come un’azione mirata contro Hamas. Ma le immagini che arrivano dalla Striscia raccontano tutt’altro: civili sotto le macerie, ospedali al collasso e famiglie spazzate via dai bombardamenti. È il giorno più sanguinoso degli ultimi quindici mesi, il peggiore dal 7 novembre 2023, quando le autorità locali avevano registrato 548 vittime in un solo attacco.
L’attacco nel mezzo delle trattative: Netanyahu ha già deciso tutto
Solo pochi giorni fa, lo stesso Netanyahu aveva assicurato di voler continuare i negoziati per il rilascio dei 59 ostaggi israeliani ancora nelle mani di Hamas. Sabato sera, mentre il premier parlava di trattative, il suo ufficio aveva già il piano per riprendere la guerra. L’obiettivo dichiarato? Obbligare Hamas a riconsegnare gli ostaggi, dopo il rifiuto di due proposte avanzate dall’inviato di Trump, Steve Witkoff: una prevedeva una tregua di 50 giorni in cambio di 10 ostaggi, l’altra uno scambio per 5 rapiti.
Hamas, però, nega di aver respinto l’offerta e accusa Israele di aver interrotto le trattative con un massacro. “Stavamo trattando in modo responsabile, i raid aerei non sono stati provocati da nostre azioni”, ha dichiarato un portavoce del movimento islamista.
Un attacco “preventivo” e il via libera degli Stati Uniti
Dell’operazione sapevano in pochi: il premier, i suoi fedelissimi, i vertici dell’esercito e dell’intelligence. L’unico informato all’estero? La Casa Bianca, che ha dato il via libera prima dell’inizio dei raid.
Ufficialmente, l’offensiva è stata giustificata con la necessità di impedire un nuovo attacco di Hamas, che – secondo fonti israeliane – si starebbe riarmando. L’IDF parla di 25mila combattenti pronti all’azione e giustifica l’attacco come “preventivo”, senza però fornire prove concrete. Un attacco preventivo per fermare un’offensiva che potrebbe non esserci mai stata? La domanda resta senza risposta.
Caccia agli alti vertici di Hamas, ma l’IDF prepara l’invasione via terra
Israele ha confermato l’uccisione di Issam al-Daalis (primo ministro di Hamas), Mahmoud Marzouk Abu Watfa (ministro dell’Interno) e Bahajat Abu Sultan (capo delle forze di sicurezza). Per ora l’esercito non è entrato a Gaza, ma l’IDF ha già ordinato l’evacuazione di Beit Hanoun, Khuzaa e alcuni sobborghi di Khan Yunis, segnale che un’incursione via terra è ormai nei piani.
Mentre l’Europa insorge e persino il segretario generale dell’ONU, António Guterres, condanna l’attacco, Netanyahu rincara la dose: “Da ora in poi negozieremo solo sotto il fuoco”. Parole che suonano come una dichiarazione di guerra, avallata da Donald Trump, mentre dall’Europa arriva l’accusa più dura: “Ridateci la Statua della Libertà, siete passati dalla parte dei tiranni”, tuona un funzionario francese.