Si può morire per una liposuzione? È la domanda che si pongono i familiari di Simonetta Kalfus, 62 anni, morta il 18 marzo all’ospedale Grassi di Ostia, dodici giorni dopo essersi sottoposta a un intervento estetico in una clinica privata di Roma. E adesso chiedono giustizia, puntando il dito contro il chirurgo che ha eseguito l’operazione.
La storia di Simonetta e il calvario
Tutto comincia il 6 marzo. Simonetta entra in sala operatoria per una liposuzione che, secondo i familiari, doveva riguardare solo i glutei. “Noi non sapevamo nulla dell’intervento”, racconta Danilo Pizi, marito della figlia della vittima, al Messaggero. “Simonetta è stata accompagnata da un amico anestesista”. Ma subito dopo l’intervento, la donna inizia a stare male. Il chirurgo le prescrive un antibiotico, ma i dolori non passano. Anzi: peggiorano.
L’11 marzo Simonetta viene portata al pronto soccorso di Pomezia. Dopo una tac negativa e una flebo, i medici la dimettono consigliando di proseguire con la terapia. Ma le condizioni continuano a peggiorare. Il giorno dopo, il chirurgo e l’anestesista si presentano a casa sua per somministrarle un’altra flebo. Il 13 marzo, la situazione è critica: l’anestesista – che lavora proprio al Grassi – decide di ricoverarla. Quello stesso giorno Simonetta riesce a chiamare la figlia Eleonora per informarla. Sarà l’ultima volta. Poco dopo, la donna entra in coma farmacologico per un’ischemia, con febbre altissima.
Da quel momento non ci sono miglioramenti. E nella notte tra il 17 e il 18 marzo, Simonetta muore per arresto cardiaco.
L’autopsia
Il 21 marzo viene eseguita l’autopsia, alla presenza di un medico legale nominato dalla famiglia. Il referto definitivo non è ancora disponibile, ma secondo il consulente di parte, la liposuzione potrebbe essere all’origine del decesso. “L’operazione doveva riguardare solo i glutei, ma il medico ci ha detto che le era stato tolto grasso ovunque, persino da sotto il mento”, spiega ancora il genero. “Il corpo era pieno di infezioni”.
I familiari hanno presentato denuncia ai carabinieri di Ardea. E non è tutto. “È recidivo, era stato condannato già a un anno fa per un intervento al seno a una ragazza”, denunciano. Ora spetta alla magistratura fare luce. Ma la domanda resta aperta.