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Casa Bianca nella bufera per la chat segreta del Pentagono su Signal: fuga di piani di guerra, insulti all’Europa e una domanda inquietante: svista o messaggio?

Un gruppo Signal chiamato Houthi PC small group, in cui circolavano piani di guerra e insulti agli alleati europei, è diventato il cuore di un caso politico e diplomatico che scuote la Casa Bianca. Ma la domanda più allarmante è questa: come è possibile che l’intelligence americana si sia fatta trovare così impreparata, distratta, sprovveduta? E se invece non fosse stata una svista, ma un modo per lanciare un segnale – neanche troppo velato – all’Europa?

La chat

I fatti. Il 13 marzo Jeffrey Goldberg, direttore di The Atlantic, riceve un invito a unirsi a una chat segreta su Signal. Non una fuga di notizie qualunque: dentro ci sono nomi e cognomi altisonanti dell’amministrazione Trump e piani operativi per attacchi militari nello Yemen contro gli Houthi. Il gruppo – crittografato, sì, ma pur sempre su un’app pubblica – include il consigliere alla sicurezza nazionale Mike Waltz, il segretario della Difesa Pete Hegseth, JD Vance, Marco Rubio, John Ratcliffe, Tulsi Gabbard, e persino il capo di gabinetto della Casa Bianca Susie Wiles. Non mancano dettagli classificati: bersagli, sequenze di attacco, armi da dispiegare. Una bomba a orologeria, condivisa via chat.

La vicenda è subito esplosiva: Goldberg pubblica il tutto e da quel momento si apre la caccia alle responsabilità. Il New York Times chiede la testa di Hegseth, Waltz è sotto pressione e si parla già di Espionage Act. Secondo alcuni legali, la diffusione di quei contenuti violerebbe sia la normativa sulla gestione delle informazioni classificate sia quella sulla conservazione dei documenti federali. Perché – va ricordato – ogni messaggio di un funzionario pubblico è un atto da archiviare, non da far sparire con autodistruzione da spy movie.

E mentre Trump dice di non saperne nulla (“Non sono un grande fan di The Atlantic”), il portavoce della Sicurezza nazionale ha confermato che la chat era vera. Il segretario Hegseth nega: “Nessuno stava mandando piani di guerra via messaggi”. Ma Goldberg replica dalla CNN: “È una bugia. Lo faceva eccome”.

E non è finita. Perché in mezzo ai piani anti-Houthi c’è anche un siparietto degno della peggior diplomazia da bar. JD Vance scrive: “Odio salvare di nuovo l’Europa”. E Hegseth rincara: “Condivido pienamente il tuo odio per il parassita europeo. È PATETICO”. Messaggi che, se confermati, non sarebbero solo imbarazzanti: mostrerebbero una Casa Bianca spaccata, ostile agli alleati e incapace di custodire i propri segreti.

No, non è solo una “gaffe tecnologica”

L’impressione è che questa non sia solo una “gaffe” tecnologica. È qualcosa di più profondo: o la gestione della sicurezza nazionale è ormai in mano a dilettanti digitali, oppure qualcuno sta usando la disinvoltura di Signal per inviare messaggi tra le righe. Magari proprio all’Europa, che in quelle stesse ore – come ricordano gli stessi messaggi – faticava a ottenere supporto americano contro le minacce nel Mar Rosso.

La questione finirà quasi certamente in Senato. Tulsi Gabbard – anche lei nella chat – ha già tuonato: “Ogni rilascio non autorizzato di informazioni classificate è una violazione della legge e sarà trattato come tale”. Peccato che, a quanto pare, siano stati proprio i funzionari più in vista a varcare il confine della legalità. Adesso la palla passa al Congresso, ma resta una domanda che aleggia come un macigno: davvero la Casa Bianca non sa più tenere chiusa una chat? O qualcuno ha aperto la porta apposta?

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