“Grazie, ma tra due anni non so nemmeno se ci sarò”. È questa la frase che Piero Vernile, 46 anni, operaio dell’ex Ilva di Taranto, ha detto all’impiegata del Cup dell’Asl di Palagiano quando gli hanno fissato una risonanza magnetica per il 27 marzo 2027. Due anni di attesa per un uomo con due focolai tumorali al polmone destro, scoperti nel 2017, che da allora vive sotto sorveglianza medica. O almeno, dovrebbe.
La storia di Piero è una vergogna all’italiana
Oggi ha tre figlie, un’invalidità del 65%, un matrimonio alle spalle e un cancro da monitorare. Ma quello che racconta al Corriere della Sera è molto più grande di una trafila burocratica. È la radiografia impietosa di un Paese in cui la sanità pubblica non funziona. “Mi fa schifo questa Regione, questa nazione, questo sistema sanitario. Noi all’Ilva respiriamo ancora sostanze cancerogene, c’è ancora l’amianto non incapsulato, e questi che comandano — tutti, di ogni colore, alla Regione e al Governo negli ultimi vent’anni — non garantiscono nemmeno un’assistenza sanitaria decente. E non si vergognano”.
Vernile ha denunciato tutto: prima con un post sui social, poi parlando con l’Ansa, infine raccontando al Corriere i dettagli della sua odissea sanitaria. Dopo la pandemia, aveva già dovuto sospendere Tac e Pet. Ora, la risonanza diventa un miraggio. Quando si è lamentato, è scoppiato il caso.
“Questa è Taranto”, spiega. “Una città costellata di morti e malati di cancro, adulti e soprattutto bambini. Qui la vergogna della malasanità è una doppia vergogna. La gente in lista d’attesa non si conta più”.
Lo sfogo
Il suo sfogo è diventato virale. E così, due giorni dopo, è arrivata la telefonata dell’Asl. “Il 28 marzo, alle 13:44, ricevo una chiamata. Una gentile signora del Cup si scusa, mi parla di agende chiuse e agende aperte, poi mi dice: ‘Guardi, proprio un’oretta fa si è liberato un posto in una clinica di Taranto per il 9 aprile. Le fissiamo la risonanza, in via eccezionale'”.
“In via eccezionale? Le ho detto che non voglio trattamenti di favore. Lei insiste: ‘Può farla anche privatamente, poi ci mandi la ricevuta e valuteremo il rimborso. Ma per lei sicuramente la paghiamo'”. A quel punto, Vernile sbotta di nuovo: “Perché non mi scrive tutto quello che mi sta dicendo? Perché non me lo invia per mail? Che schifo. Fate schifo”.
Ma il peggio, forse, è altrove. “Ho anche una madre ultrasettantenne malata di cancro, vive da sola. Ogni due mesi ha bisogno di farmaci salvavita, ma non riesce a raggiungere la farmacia. E la Asl non è in grado di organizzare nemmeno una consegna a domicilio ogni due mesi. Uno schifo nello schifo”.
Alla fine, gli chiedono se vota ancora. “Purtroppo sì. Prima Pd, poi Vendola, poi Emiliano, poi i 5 Stelle, poi Meloni. Tutti uguali. Per me non si salva nessuno. E non voterò più”.
Questa non è l’America che si rifugia in Trump. È Taranto. È l’Italia reale. È quel posto in cui puoi morire prima di una risonanza. Ma, anche da morto, resti in lista d’attesa.