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Marine Le Pen condannata e ineleggibile? Ecco il piano per il Rassemblement National

Nello stesso anno in cui è morto suo padre Jean-Marie, fondatore del Front National, Marine Le Pen incassa la condanna più pesante della sua carriera politica: quattro anni di carcere (di cui due da scontare ai domiciliari con braccialetto elettronico), 100.000 euro di multa e soprattutto cinque anni di ineleggibilità, pena accessoria che rischia di estrometterla dalla corsa all’Eliseo del 2027. Il tutto per appropriazione indebita di fondi pubblici dell’Unione Europea. Un cortocircuito beffardo per chi, fino a poche settimane fa, invocava l’ineleggibilità a vita per i politici condannati.

Il verdetto sulla Le Pen

Il verdetto è arrivato dal tribunale di Parigi, che ha giudicato colpevole Le Pen insieme ad altri otto ex eurodeputati e dodici assistenti parlamentari del Front National (poi diventato Rassemblement National), accusati di aver dirottato oltre sette milioni di euro destinati all’assunzione di personale parlamentare verso le attività politiche del partito. Per il solo caso Le Pen, il danno stimato alle casse dell’Europarlamento sfiora il mezzo milione di euro.

La legge che ha permesso l’ineleggibilità è la Sapin II, che prevede l’interdizione per chi venga condannato per reati contro l’integrità della cosa pubblica. Una sanzione che normalmente scatta solo dopo la sentenza definitiva, ma in questo caso i giudici hanno deciso per l’esecuzione immediata, aprendo un fronte di scontro politico e giuridico che rischia di infiammare la campagna elettorale dei prossimi mesi.

Le sue parole

Le Pen ha annunciato ricorso e richiesto una procedura accelerata, ma il nuovo processo non si terrà prima della fine del 2026, a ridosso delle presidenziali. Il che significa che la sua partecipazione al voto del 2027 resta, per ora, sospesa nel vuoto giudiziario.

Intanto, i sondaggi – come quello realizzato da Odoxa-Backbone per Le Figaro – la danno in testa al primo turno con una forchetta tra il 34 e il 37% delle intenzioni di voto. Ma se lei dovesse restare fuori dai giochi, il Rassemblement National ha già pronto il piano B, e ha un nome e un volto: Jordan Bardella.

Classe 1995, presidente del partito, Bardella compirà 31 anni nel 2027 e ha lavorato con pazienza alla costruzione della sua immagine di leader “competente e presentabile”. La sconfitta alle legislative anticipate dell’estate scorsa – con candidati finiti nella bufera per vecchie foto con simbologie naziste o uscite antisemite – lo ha costretto a un bagno di realtà, ma anche a una ripartenza più cauta. A oggi, secondo molti osservatori, la sua popolarità eguaglia quella di Le Pen. E senza portarne il cognome, il che, per un partito a lungo percepito come dinastico e familista, è ormai considerato un vantaggio.

Non solo Bardella, anche un outsider

A complicare lo scenario, però, c’è il rapporto di forze interno al movimento. Le Pen controlla ancora il partito e i fondi, e quindi l’autonomia politica di Bardella è, nei fatti, relativa. I due sono legati da una storia politica che affonda anche nel privato: Bardella ha frequentato Nolwenn Olivier, nipote di Marine, e oggi continua a orbitare nella cerchia ristretta dell’ex candidata all’Eliseo.

Resta sullo sfondo l’ipotesi più imprevedibile: quella del candidato outsider. Si è fatto il nome di Bruno Retailleau, attuale ministro dell’Interno. Ma c’è anche chi guarda fuori dalla politica tradizionale. Come Cyril Hanouna, celebre conduttore delle tv di Vincent Bolloré, legato sentimentalmente alla figlia di Brigitte Macron e in ottimi rapporti con Bardella, con cui ha condiviso vacanze e telecamere.

Nel frattempo, Marine Le Pen resta ferma nel suo seggio all’Europarlamento, eletta nell’undicesima circoscrizione del Pas-de-Calais, da dove osserva il futuro con un piede nella campagna elettorale e l’altro in tribunale. E in attesa che la giustizia faccia il suo corso, la politica francese resta appesa a una sentenza. E a un nome che, nel bene o nel male, continua a segnare il destino della destra nazionale.

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