Non la voleva tra i piedi. Né in casa né nella vita del figlio. “Non volevo che mio figlio frequentasse questa ragazza”, ha dichiarato Nors Mazlapan, madre di Mark Samson, agli inquirenti. Ilaria Sula, 22 anni, studentessa alla Sapienza, non era ben vista dalla famiglia del ragazzo. “Temevo lo distraesse troppo: mio figlio deve rimanere concentrato sullo studio”, ha spiegato la donna. Ma, come ipotizzano Corriere della Sera e Repubblica, dietro la freddezza ostinata ci sarebbe anche altro: una distanza culturale e religiosa mai davvero colmata tra la comunità filippina da cui proviene la famiglia Samson e quella ragazza italiana che per un anno ha varcato la soglia dell’appartamento al seminterrato di via Homs, a Roma. Fino a diventare, secondo la confessione di Mark, la vittima di un omicidio che oggi scuote le coscienze.
È Samson che l’ha avvolta in un sacco nero
È lì, tra quelle mura basse e silenziose, che tra il 25 e il 26 marzo, Mark Samson avrebbe ucciso Ilaria. Lo ha detto lui stesso: l’ha avvolta in un sacco nero, messa in un trolley e caricata in macchina. Poi l’ha abbandonata in un dirupo tra i boschi di Capranica Prenestina, a 40 chilometri di distanza. Il ragazzo ha 23 anni, studia Architettura, ed è ora indagato per omicidio volontario e occultamento di cadavere. Davanti al giudice ha ribadito: “Ho fatto tutto da solo, è stato un raptus”. E ancora: “L’ho uccisa il 26 marzo mattina, i miei non erano in casa”. A scatenare la furia, secondo il suo racconto, sarebbe stata la gelosia: “Le ho portato la colazione a letto, poi ho visto i messaggi di un altro”.
Un coltellino da pane, tre fendenti al collo. Una scena improvvisa, brutale. Ma davvero così isolata? Un amico d’infanzia, parlando con Repubblica, ha tracciato un profilo ambiguo: “Era timido, sorridente, riservato. Ma la rabbia improvvisa non era una novità”.
Dubbi sulla ricostruzione
Eppure, la ricostruzione di Mark non convince. Gli inquirenti dubitano di una verità raccontata a compartimenti stagni. I genitori, per esempio, nel loro unico interrogatorio hanno fornito versioni confuse e contraddittorie su dove si trovassero nelle ore cruciali. La madre, Nors, ha detto: “Dormivo, non mi sono accorta di nulla. Il giorno dopo sono uscita”. Il padre, Rik Samson, prima ha provato a sfilarsi – “Ero fuori casa, sono tornato solo il giorno dopo” – poi ha ammesso di essere presente almeno la sera del 25 marzo.
Una cosa però la dicono entrambi: non hanno sentito nulla. Nessun rumore, nessun grido. Una linea condivisa anche dai vicini del palazzo di via Homs, che parlano di assoluto silenzio. Ma è davvero possibile che nessuno si sia accorto di niente? Nessuno abbia visto o sentito movimenti sospetti? Le domande restano sospese. Chi ha pulito il sangue? Chi ha aiutato a trascinare un corpo in una valigia in pieno giorno, nella Capitale? E l’auto di famiglia, usata da tutti, non ha mai tradito nessun segno?
Sette giorni. Tanto è passato tra l’omicidio e il ritrovamento del corpo di Ilaria Sula. Sette giorni vissuti in quello stesso appartamento. E la domanda – ancora oggi, ancora senza risposta – è sempre la stessa: che fossero in casa o no, com’è possibile che i genitori di Mark Samson non si siano accorti di nulla?