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Nuova Scena: quando il rap diventa un talent e i rapper delle fotocopie

Il rap, nato come grido di ribellione dalle strade, è ora il protagonista di un talent show su Netflix. Sì, avete capito bene: “Nuova Scena” trasforma l’arte di strada in un format patinato, dove l’originalità sembra essere l’ospite meno atteso.

Il talent che standardizza il talento

“Nuova Scena” si propone di scovare la prossima stella del rap italiano. Ma c’è un piccolo problema: quando metti il rap in un contenitore preconfezionato, rischi di ottenere un prodotto omogeneizzato, privo di quella spontaneità che è l’essenza stessa del genere. Come osservato da Rockit, il programma mostra “passaggi che sanno di fake lontano un km” .

Fabri Fibra l’aveva previsto

Non è una sorpresa che Fabri Fibra, uno dei giudici del programma, avesse già notato questa tendenza anni fa. Nel brano “Demo nello stereo” rappava: “Metà Milano rappa come Gué, l’altra come Marracash” . Una critica chiara alla mancanza di originalità nella scena rap italiana, ora amplificata da un talent che sembra produrre cloni in serie.

Giudici tra il serio e il faceto

I giudici, Fabri Fibra, Geolier e Rose Villain, cercano di dare credibilità al format. Eppure, nonostante gli sforzi, il rischio è che il loro ruolo si riduca a quello di arbitri in una competizione che premia più la conformità alle regole televisive che l’autenticità artistica. Come sottolineato da Rolling Stone, “o hai le rime o vai a casa” , ma quali rime? Quelle che piacciono al pubblico generalista o quelle che sfidano davvero il sistema?

Il rap addomesticato

Portare il rap in televisione è un’arma a doppio taglio. Da un lato, offre visibilità; dall’altro, rischia di snaturare un genere nato per essere controcorrente. “Nuova Scena” sembra voler addomesticare il rap, rendendolo digeribile per le masse, ma a quale prezzo? La perdita dell’anima ribelle che lo caratterizza.

Conclusione: il rap ha bisogno di ribelli, non di conformisti

Se il futuro del rap italiano è quello delineato da “Nuova Scena”, prepariamoci a una sfilata di artisti fotocopia, più attenti a piacere alle telecamere che a raccontare verità scomode. Il rap non è nato per essere un format televisivo; è nato per dare voce a chi non ne ha. E quella voce dovrebbe essere libera, non imbrigliata in un copione.

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