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Giorgia Meloni vuole recuperare 25 miliardi per le imprese ma la coperta è corta. Come recuperiamo questi soldi?

Giorgia Meloni vuole recuperare 25 miliardi. Non per sistemare la sanità pubblica, né per abbattere il debito o costruire asili nido, ma per “aiutare le imprese”. Lo ha annunciato in una riunione blindata con i suoi ministri economici. Il piano è chiaro come la nebbia: un mix di tagli, risparmi e razionalizzazioni. Insomma, un’altra operazione chirurgica fatta senza anestesia.

Il tutto da fare entro l’estate, perché in autunno si gioca la partita vera: la legge di bilancio. Ma intanto la premier si muove, agita cifre, accende fari, fa sapere che “lo Stato è al fianco di chi produce”. Suona bene. Funziona. Ma come al solito, resta il mistero: dove li prende, questi soldi?

Il piano — che assomiglia più a un annuncio che a una strategia — prevede un intervento massiccio sulla spesa pubblica. Tagli “selettivi”, dicono. Ma selettivi come? E soprattutto: a danno di chi?

Perché ogni euro che si “recupera” da una voce di bilancio è un euro che si toglie a qualcuno. E qui torna il vecchio gioco della coperta corta: Meloni la tira dalla parte delle imprese, ma da quale parte la toglierà?

Si parla di ridurre il perimetro dei bonus, rivedere le agevolazioni, stringere sulla spesa corrente. Non esattamente scelte popolari. Perché a ogni impresa che riceve un aiuto corrisponderà probabilmente un cittadino che perde un beneficio, un territorio che rinuncia a un servizio, un settore che si ritrova improvvisamente scoperto.

Meloni però rilancia. Dice che “non metteremo le mani nelle tasche degli italiani”. Ma è una bugia bianca, di quelle dette con il sorriso. Perché non serve aumentare le tasse per far male: basta tagliare dove non si vede, disboscare silenziosamente, razionalizzare con la scure.

Il vero obiettivo non è fiscale, ma simbolico. Dare l’idea di uno Stato efficiente, amico dell’impresa, pronto a tutto pur di sostenere chi “crea lavoro”. Una narrazione perfetta per la sua base elettorale, che sogna meno burocrazia e più incentivi, anche se a pagare il conto saranno — come sempre — i soliti invisibili.

Intanto l’Europa guarda. Non commenta, ma annota. Perché in fondo quei 25 miliardi devono stare dentro le regole del nuovo Patto di Stabilità. E la realtà è che l’Italia non ha margini. Ha solo comunicazione. E la comunicazione è il vero piano. Creare consenso, tenere il timone mediatico, recitare la parte della leader pragmatica mentre il bilancio si scrive a colpi di rinvii.

La notizia c’è, ed è seria: Meloni vuole farci credere che può riformare l’economia senza toccare nessuno. Ma in politica economica, ogni scelta è uno schieramento. Ogni taglio è un danno. E ogni promessa, un debito.

Firmato: chi sa che “recuperare” non significa creare, ma solo spostare il dolore da un punto all’altro.

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