Per la prima volta nella storia recente, il Festival di Sanremo potrebbe non andare in onda sulla Rai. Indetto il bando per l’assegnazione dei diritti tv e streaming: è la fine di un’era?
Il Festival di Sanremo, monumento nazionale della musica italiana e rito collettivo da più di settant’anni, potrebbe presto cambiare casa. E non parliamo del Teatro Ariston. La notizia, clamorosa quanto inevitabile, arriva direttamente dal sito di RaiNews: la Rai ha ufficialmente indetto un bando pubblico per l’assegnazione in concessione dei diritti di trasmissione, in esclusiva, delle prossime edizioni del Festival. In palio ci sono cinque anni di festival, dal 2025 al 2029. La tv di Stato, insomma, non dà più per scontato che la festa sia sua.
Il documento – pubblicato da Rai Pubblicità – specifica che il bando è aperto a tutti gli operatori tv e digitali, italiani e internazionali, che abbiano le spalle abbastanza larghe (e un’offerta abbastanza ambiziosa) da sostenere la messa in onda dell’evento più seguito d’Italia. Le offerte dovranno arrivare entro il 29 aprile. Poi, via al valzer delle decisioni.
La Rai si fa da parte?
Più che un cambio di rotta, sembra un terremoto. Dal 1955, salvo eccezioni marginali, il Festival è sempre stato trasmesso dalla Rai. La sua estetica, la sua liturgia, persino le sue polemiche sono state cucite su misura del servizio pubblico. Ora, però, l’azienda fa sapere che si riserva di partecipare alla gara “a parità di condizioni con gli altri competitor”. In altre parole: la Rai dovrà conquistarsi Sanremo come chiunque altro. E non è detto che ce la faccia.
Cosa cambierà?
Molto, forse tutto. Chiunque si aggiudicherà i diritti avrà in mano la regia mediatica di Sanremo, potrà scegliere come trasmetterlo, su che piattaforme, con che tipo di linguaggio e – dettaglio cruciale – con quale pubblicità. Il Festival, negli ultimi anni, ha incassato oltre 50 milioni l’anno solo in introiti pubblicitari. E con un brand così forte, non è difficile immaginare che anche piattaforme streaming o broadcaster privati (Mediaset, Warner, Amazon?) possano buttarsi nella mischia.
E se fosse solo una mossa strategica?
Non è da escludere. Alcuni osservatori parlano di una “mossa di mercato” per dare maggiore valore all’evento e massimizzare gli introiti. Un modo per dire: Sanremo non è più solo un contenuto, è un asset. E come tale, va trattato. La Rai, così facendo, potrebbe riservarsi la possibilità di rilanciare con un’offerta più aggressiva, o di rinnovare profondamente la sua proposta per non perdere il controllo sull’evento.
Il rischio: perdere l’anima
Certo, l’ipotesi che Sanremo venga trasmesso da una piattaforma a pagamento, o da un’emittente priva di radicamento popolare, solleva interrogativi culturali enormi. Cosa resta di Sanremo se lo privatizzi? È ancora un evento del Paese, o diventa un prodotto come un altro? È ancora il Festival delle famiglie italiane o si trasforma in un Super Bowl all’italiana?
Il bando, per ora, apre solo una porta. Ma dietro quella porta c’è un’altra epoca. Sanremo potrebbe entrarci. O finirci dentro.