Ci sono uomini che vanno in pensione.
Altri, tipo Donald J. Trump, preferiscono fondare città-stato nei ghiacci eterni della Groenlandia. Trump ci riprova (l’ideona non è nuova). Il neo presidente americano sta promuovendo un progetto da fantascienza (o da delirio post-elettorale): costruire una città privata della libertà in Groenlandia, chiamata Freedom City.
La chiamano Freedom City. Ma potevano anche chiamarla CryptoWhiteLand, il senso non cambiava: è il delirio libertario definitivo, la distopia chic dei miliardari con la sindrome di Dio.
L’idea, come al solito, è tanto semplice quanto preoccupante: comprare un pezzo di Groenlandia (che, spoiler, è della Danimarca), costruirci una città “privata”, zero tasse, zero leggi, zero Stato. Solo imprenditori, contratti privati e blockchain. Il sogno bagnato di ogni venture capitalist con l’hard disk pieno di PDF di Ayn Rand e wallpaper di Elon Musk che fissa l’orizzonte.
Trump non è nuovo a certe fantasie di colonizzazione. Già nel 2019 aveva provato a comprare l’intera isola. Risero tutti. Ma lui no.
Adesso torna alla carica con un consorzio di “tech bros” — quella sottospecie umana che si nutre di polveri proteiche, podcast motivazionali e disprezzo per lo Stato sociale — e annuncia la nascita di questa enclave iperliberista dove “la libertà individuale” sarà assoluta.
Tradotto: ognuno farà il cazzo che vuole, finché può permetterselo.
Il progetto parla chiaro:
– no tasse (perché il Fisco è comunismo),
– giustizia privata (perché i tribunali sono lenti e imparziali),
– tutto su blockchain (così ogni volta che caghi, ti esce un NFT).
Saranno vendute case, quote, terreni e probabilmente anche l’aria. Ma solo in token.
Nessuna infrastruttura pubblica. Nessun ospedale. Nessuna scuola. Ma Wi-Fi 6G ovunque e palestra H24 con specchi intelligenti che ti dicono “sei un vincente” anche se pesi 130 chili e piangi la notte.
E poi la sicurezza: armata, algoritmica, invisibile.
Tipo Blackwater con Alexa integrata.
La retorica è quella solita: “Costruiamo il futuro dell’umanità”.
La verità è un po’ più semplice: vogliono scappare dal mondo che hanno rotto.
Non è più fuga nei Caraibi o a Dubai: adesso è fondare il proprio Paese personale, dove l’unica regola è che puoi diventare Dio, basta che paghi l’abbonamento annuale.
Si parla già di distretti tematici:
– Startuplandia, dove ogni bar è anche una DAO.
– NoGenderZone, dove l’unica identità riconosciuta è “founder”.
– Bunker Hills, quartiere premium con aria filtrata, rifugi nucleari e suite prenotabili solo con referenza diretta di Peter Thiel.
Naturalmente, il clima non aiuta: -30°C, tempeste artiche e 20 ore di buio al giorno. Ma chi se ne frega, tanto vivranno in cupole climatizzate, con le pareti OLED che simulano il tramonto di Bali e il rumore del mare finto prodotto da una IA depressa.
Freedom City è l’utopia definitiva di chi non sopporta l’umanità.
Un parco giochi ipercapitalista mascherato da “esperimento sociale”.
Una colonia sulla Terra per chi ha fallito la corsa a Marte.
E se tutto andrà storto, tranquilli:
ci sarà sicuramente un fondo di venture capital pronto a rifinanziarla,
una serie Netflix da 8 episodi
e un documentario HBO che inizierà con:
“Sembrava un’idea folle. E infatti lo era.”